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La disciplina delle società con azioni quotate negli anni '80


La compresenza di norme societarie e norme di mercato è tipica della società con azioni quotate.
Le prime definiscono i contenuti dei diritti spettanti ai soci e le regole organizzative dell’ente; le seconde fissano invece le regole attinenti alla circolazione di tali diritti e delle informazioni relative.
In Italia, fino al 1974, la disciplina delle società con azioni quotate era sostanzialmente del tutto uguale a quella ordinaria; la regolamentazione del mercato di risolveva in alcune norme amministrative che regolavano il funzionamento tecnico delle borse-valori.
Nel 1974 venne emanata la c.d. mini-riforma delle s.p.a.
Fu istituita la Commissione nazionale per le Società e la Borsa (Consob), organo che, oltre a sovrintendere sul mercato di borsa, aveva funzioni di etero-tutela degli investitori.
La legge, si disinteressò però del profilo relativo alla regolamentazione societaria.
In sostanza, il baricentro della disciplina venne spostato sul mercato.
Fu solo dal 1980, sulla spinta comunitaria e con un’alluvione legislativa che toccò il suo apice all’inizio degli anni ’90, che si giunse all’emanazione di regole tese a:
introdurre e disciplinare i soggetti intermediari necessari per la crescita del mercato;
reprimere il fenomeno dell’abuso di informazioni privilegiate;
disciplinare le offerte pubbliche di acquisto e di vendita e i trasferimenti dei pacchetti azionari di controllo;
centralizzare il deposito dei titoli azionari quotati per renderne più veloce e sicuro il trasferimento.
Vi erano sia l’esigenza sia le basi economiche minime per una disciplina che, tenendo conto della marcata diversità di posizioni tra chi esercita il controllo sull’impresa sociale e chi vi immette fondi a meri fini di investimento finanziario:
da un lato, accordasse a questi ultimi una tutela idonea a far si che essi, in strutturale posizione di inferiorità rispetto ai gestori, potessero riporre sufficiente fiducia nell’investimento azionario;
dall’altro, non ingessasse eccessivamente la libertà imprenditoriale dei primi.
Da questo humus nacque il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), complesso provvedimento legislativo che si occupa in unico contesto della disciplina degli intermediari, dei mercati e dei soggetti emittenti.
Gli intermediari vengono regolamentati come canale privilegiato di raccolta del risparmio ai fini del successivo investimento; i mercati, come i “luoghi in cui avvengono gli scambi di tali strumenti”; gli emittenti, come i soggetti che, direttamente o indirettamente tramite gli intermediari, si rivolgono al pubblico risparmio per finanziare, attraverso capitale di rischio o di credito, la propria attività economica.
Il TUF, quindi, disciplinava ampiamente le società con azioni quotate sia come destinatarie di una disciplina ad hoc, sia come principale soggetto della categoria degli emittenti.
    Ne discese la necessità di ammodernare il corpus del diritto comune sul quale le nuove norme andavano ad innestarsi per evitare che le apposite, più stringenti, norme potessero rivelarsi un disincentivo alla quotazione; per addolcire, in altre parole, il c.d. scalino normativo tra quotate e non quotate.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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