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L'educazione morale di Filangieri


Filangieri riservava una considerazione particolare alla educazione morale, alla quale assegnava il fine di sviluppare le facoltà dell'educando a seconda del ruolo che egli avrebbe assunto e dell'interesse della società ad avere cittadini laboriosi ed industriosi. Il programma di educazione morale doveva essere sviluppato per via di osservazioni e di applicazioni e doveva mirare a far comprendere l'importanza delle virtù, della patria, dei diritti e dei doveri del cittadino, far riconoscere gli errori più ricorrenti nell'opinione pubblica e l'importanza del lavoro.
Seguace della dottrina di Locke, sosteneva la teoria dei premi e delle punizioni ma bandì ogni punizione corporale, sferza su tutte, invitando invece a indurre spontaneamente i bambini all'obbedienza e all'osservanza delle regole tramite l'espressione del disappunto e della delusione.
Per l'educazione dei fanciulli appartenenti al ceto più agiato, proponeva l'istituzione di collegi, a pagamento, ciascuno specializzato in uno o due indirizzi di studio conducenti alle libere professioni al commercio, al sacerdozio, alla carriera militare, lasciando ai genitori la facoltà di dare o meno l'assenso in caso di rifiuto del giovane.
Ricordando che l'educazione comprendeva quella fisica, scientifica e morale, Filangieri ricorda che andavano dosate a seconda della destinazione sociale del bambino. Maggiormente fisica per l'artigiano, morale e scientifica per chi era destinato alle professioni liberali.
L'ordine progressivo dell'insegnamento secondario doveva essere conforme all'ordine seguito dalla natura nel progressivo sviluppo della facoltà intellettuali e lo sviluppo naturale della conoscenza doveva fare da norma per la distribuzione delle materie di studio e per il metodo dell'insegnamento. Per cui, all'apprendimento della lettura, scrittura e di una lingua straniera, doveva seguire lo studio di aritmetica e disegno. Per lo sviluppo della percezione bisognava fornire idee semplici e numerose, così, oltre al disegno, Filangieri raccomandò l'osservazione costante della natura in ogni ambito. All'inizio del quarto anno era previsto lo studio critico della storia (reso critico dall'insegnante) in stretta collaborazione con la geografia. Dal nono al dodicesimo anno studiavano latino e grammatica, educazione dell'arte, dell'immagine e del gusto. Quanto all'istruzione universitaria, proponeva di affidare i ragazzi, più che ad un maestro, ad una guida, un conversatore che instaurasse un lavoro di scambio anziché un Quintiliano che parla in cattedra. Sulla donna non si pronunciò in campo educativo, ritenendola buona agli affari di casa.
Concludiamo col particolare concetto che Filangieri ebbe della libertà. Di fronte all'ideologia rousseauiana di una libertà concepita come perfetta solo nello stato naturale e pre – sociale, F. ebbe la precisa consapevolezza che non si poteva parlare soltanto di libertà ma anche di dipendenza e di dovere. Tra autorità e libertà egli non privilegiò nessuno dei due estremi ma pose e risolse chiaramente il problema della sintesi degli opposti, giungendo così ad un concetto di libertà che non poteva essere interpretata come arbitrio ma come volontà razionale di realizzare una norma di valore universale, negando al tempo stesso ogni trascendenza della volontà rispetto alla legge e della legge rispetto alla volontà.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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