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Scrima sulla benedizione



Dopo la caduta di ceausescu nel 96 Scrima torna in Romania dove pubblica “il tempo del Roveto ardente” dove riconsidera la sua versione della lettera di Padre Ivan, dicendo che è necessaria delicatezza con queste cose.. Ma qui riconosce alla benedizione un significato più profondo del solito. In essa si individuano 2 componenti: c’è la parola (bene-dizione) e l’intervento del corpo (mano soprattutto). La benedictio trova comunque un suo corrispondente nell’ebraico barukh e nell’islamico barakah. La radice siriaca indica l’atto di inchinarsi, inginocchiarsi, quindi di accogliere un potere, un dono.
Piano mitico-cosmogonico: Nella cosmogonia semitica e sanscrita essa corrisponde a una funzione: è come se nella scaturigine iniziale della creazione sia necessaria una “qualifica” del cosmo. E’ necessario che la divinità dichiari il compimento della propria opera, acconsenta al manifestarsi. Sia nell’induismo che nel Genesi, le 1e tracce della benedizione convergono dunque verso una stessa funzione.
Piano rituale: la benedizione ha la funzione del sigillo. E’ un atto di consenso, di qualificazione.
Piano archetipico: S individua l’archetipo rituale della benedizione nell’episodio della benedizione patriarcale di Giacobbe, che incrocia le mani una sull’altra.

Tratto da ASCESI ESICASTA di Dario Gemini
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