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La distopia post-moderna di DeLillo

Sia Ballard che Gibson paiono legati al postmoderno. Ma se fosse mai possibile una distopia postmoderna, la dovremmo identificare in Cosmopolis di Don DeLillo (2003). Se fosse mai possibile, perchè il postmoderno, nella sua pretesa di completa spazializzazione del tempo, interrompe la produzione del futuro. Fin dall'inizio lo sguardo di DeLillo percorre una realtà priva di senso.

Attraverso il suo protagonista, il miliardario Eric Parker, Cosmopolis mette a fuoco il cuore economico della post-modernità: la finanziarizzazione del capitale. Il capitale sembra non aver più bisogno di produzione o forza lavoro: si riproduce da solo, nella sua astratezza, gonfiandosi mediante operazioni speculative. Allo stesso modo la proprietà non vale per la qualità dell'oggetto in possesso, ma solo in misura del costo. Di qui la sostituibilità infinita delle persone e degli oggetti.

Come in altri suoi testi DeLillo esplora l'alienazione postmoderna. Decidere se ne offra una mera rappresentazione o, per la crudezza espositiva, sottintenda un giudizio critico, è questione non risolvibile. Tuttavia, l'uscita del personaggio dall'ingranaggio può aprire lo spazio per una critica.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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