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Il Grande Inquisitore di Dostoevskij nelle distopie

Abbiamo già visto come il contrasto tra felicità e libertà si possa far risalire al Grande Inquisitore (dai Fratelli Karamazov) di Dostoevskij. Ma ciò vale anche per la caratterizzazione psicologica dei personaggi: diversi tratti di quel paradigma si possono ravvisare, pur se modificati, nel Benefattore di Zamjatin, nel Governatore Mondiale di Huxley e nell'O'Brien di Orwell.

Si pensi, ad esempio, al senso di pensosa gravità che caratterizza queste tre figure che sembrano, a volte, addossarsi il peso della loro responsabilità con grande sacrificio. La derivazione più diretta, rispetto alla fonte dostoevskiana, si manifesta in Noi, nel dialogo tra il Benefattore e D-503: "Gli uni all'alto, spruzzati di sangue, inchiodano il corpo alla croce; gli altri in basso guardano. Non vi pare che la funzione di quelli che stanno in alto sia la più difficile, la più importante?"

Anche nel dialogo tra Mustapha Mond e il Selvaggio, si possono scorgere elementi di somiglianza con tale archetipo, ad esempio in affermazioni come queste: "La felicità è un padrone esigente, specialmente quelle degli altri"; "Il dovere è il dovere. Non si può consultare le proprie preferenze".
In un'altra occasione, il Governatore Mondiale condanna l'opera di un brillante intellettuale per la sua originalità: "Peccato, pensò mentre firmava. Era un lavoro da maestro, ma può far perdere la fede nella felicità come Bene Sovrano e far credere, viceversa che il fine della vita è il raffinamento della coscienza" E ancora: "Come sarebbe bello se non si dovesse pensare alla felicità!"

In ogni caso, la conferma definitiva di tale rapporto intertestuale ci viene dal riferimento diretto ed esplicito all'inquisitore di Dostoevskij che chiude il Ritorno al mondo nuovo. Perfino in 1984, nella raffigurazione del personaggio di O'Brien, si possono cogliere dei tratti che rinviano al paradigma di Dostoevskij: quel senso di profonda stanchezza e a quella sorta di rassegnata abnegazione: "Mi hanno preso da molto tempo, disse O'Brien, con un tono d'ironia dolce e quasi rassegnata". Pure nel Beatty di Fahrenheit 451 si possono ravvisare dei tratti riconducibili al modello, specie  nell'unire alla difesa del potere la convinzione di svolgere una funzione salvifica.

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