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Il teatro italiano del dopoguerra

Il teatro italiano del dopoguerra è caratterizzato da una nuova produzione, tra commedie realistico-borghese, con un'impronta regionale e dialettale, e introspezione; più rare le sperimentazioni. Nel filone regionale spiccano le opere del napoletano Eduardo De Filippo. Negli anni Venti e Trenta iniziano a circolare alcuni atti unici: in Natale in casa Cupiello (1931) De Filippo racconta difficoltà e incomprensioni che emergono durante i preparativi natalizi in una famiglia napoletana.

Nel dopoguerra vengono pubblicati i suoi drammi più noti, come Napoli milionaria! (1945), dedicato alla situazione della città partenopea, vista da un reduce. Il suo stile è sobrio e l'uso del dialetto ha funzione realistica e caratterizzante, e non espressionistica, come avverrà in autori successivi.

Sul versante del dramma psicologico, Diego Fabbri scava nell'interiorità dei suoi personaggi sottoponendoli a una sorta di interrogatorio: al centro di vivaci dibattiti il suo Processo a Gesù (1955), nel quale si esaminano le ragioni della fede cattolica in un'epoca di ateismo diffuso.

Vanno inoltre ricordate le esperienze teatrali, spesso in chiave ironico-satirica, di un narratore come Brancati o di un giornalista e sceneggiatore come Flaiano; infine Luchino Visconti, che predilige l'opera lirica, proponendo rappresentazioni soprattutto di Verdi e Bellini.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Domenico Valenza
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