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Regia e strategia di "La signora di Shangai"



Nel film noir, come questo di fatto è (nonostante sia parzialmente alieno rispetto ai canoni consolidati del genere) tornano molto spesso frasi banali su un tema come l’amore, utilizzate chiaramente con finalità ironica. Il film prosegue con una gita nel mare dell’America centrale e preannuncia la famosa scena del monologo sugli squali. Ritorna spesso l’elemento della pienezza delle inquadrature: il paese, in profondità di campo, non è solo di contorno ma aiuta a sviluppare in qualche modo il problema dei diversi rapporti sociali tra diverse classi, un problema che ripercorre tutto il film. La Hayworth è inquadrata con sfondo non a fuoco e quindi il suo volto deve prevalere su tutto il resto: lo sfondo rimane gerarchicamente secondario. Le informazioni allo spettatore sono centellinate, così come lo sono quelle che apprende il protagonista/narratore. Attraverso lo sguardo soggettivo di Michael il pubblico viene a conoscenza di fatti e eventi gradualmente, esattamente come sono conosciuti dal protagonista/narratore. Michael osserva gli squali umani dall’alto verso il basso così come osserva gli squali marini che vengono rievocati nel suo racconto. Durante il monologo viene a mancare qualsiasi commento musicale, perfino quello diegetico. La sequenza successiva si svolge ad Acapulco e la povertà sullo sfondo non è assolutamente casuale, ma voluta e in contrasto con la ricchezza esibita dei turisti americani.

Tratto da "QUARTO POTERE" E IL CINEMA DI WELLES di Marco Vincenzo Valerio
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