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La descrizione degli stati di coscienza in Levi e il valore dei sogni

Levi ha una grande capacità nel descrivere gli stati più sfuggenti della coscienza, i passaggi tra realtà e sogno, con un acutezza degna di Montaigne: "Pene e dolori non si sommano per intero nella nostra sensibilità ma si nascondono, i minori dentro i maggiori". Tali pensieri sono spesso ispirati dalle condizioni climatiche, dato che il freddo, il vento, la neve sono nemici mortali.

Il sogno ispira un intero capitolo, il VI, che descrive l'orrore delle notti del Lager, e quello peggiore  dei risvegli. Quasi sempre il sogno è la porta tra Lager e vita normale. Lo si dice in una poesia Alzarsi, della raccolta Ad ora incerta: "Sognavamo nelle notti feroci | sogni densi e violenti | sognati con anima e corpo: | tornare; mangiare; raccontare". Levi riflette: "Guai a sognare. Il momento della coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta".

Ma i sogni hanno un valore complesso in Levi: essi sono legati al bisogno di raccontare e al terrore di non essere ascoltato o creduto. Ed i revisionisti, smuinendo o negando i Lager, mostrano quanto fossero fondati i timori di Levi, e forse ciò indusse la depressione che lo portò al suicidio. Alzarsi, infatti, termina così: Ora abbiamo ritrovato la casa | il nostro ventre è sazio, | abbiamo finito di raccontare. | E' tempo. Presto udremo ancora | il comando straniero: | Wstawac [alzarsi in polacco].

Tratto da PRIMO LEVI "SE QUESTO È UN UOMO" di Domenico Valenza
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