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I diversi modelli della terza Italia


Consideriamo ora le differenti aree e i modelli diffusi.
Nella regione urbana milanese assistiamo ad un aumento del 188% nel settore delle costruzioni e degli impianti e sempre in provincia assistiamo ad una forte crescita della media anche nel commercio, nei trasporti e nei servizi. Inizia qui la terziarizzazione di Milano e la crisi della grande fabbrica, per ora maggiormente evidente a Sesto San Giovanni.
La cosiddetta Terza Italia presenta al suo interno modelli diversi. In Emilia assistiamo ad un incremento dell'attività industriale, aiutato dalla nascita del polo ferrarese e dal decollo dell'area portuale e petrolchimica ravennate. Nel modenese assistiamo ad una rapida espansione del lavoro a domicilio e delle piccole imprese, spinte dalla precedente abitudine delle famiglie contadine al lavoro a domicilio, e ad una contrazione della fabbrica che pone le basi per la nascita di piccoli imprenditori usciti proprio da quelle fabbriche.
Al Sud il quadro è fosco. Non per niente, specialmente per la Calabria, si è parlato di miracolo economico alla rovescia, ed è significativo il calo di addetti all'industria manifatturiera sia in Calabria sia in Basilicata. Anche in Campania l'espansione dell'industria rimane al di sotto della media nazionale. A far fronte a queste emorragie sta la collocazione nel settore delle costruzioni, finanziato e pompato dalla Cassa per il Mezzogiorno ma non certo volto a creare condizioni per una moderna accumulazione di benessere, quanto a organizzare un circuito alternativo e clientelistico di mercato del lavoro.
Di enormi contributi statali per l'industrializzazione nel meridione beneficiano grandi imprese pubbliche (Iri e Eni) e private (Montecatini, Sir) che investono in primo luogo in industrie di base siderurgiche (Taranto, Bagnoli) e petrolchimiche (Brindisi, Gela, Augusta – Priolo) caratterizzandosi per la loro scarsissima coerenza con il progetto dichiarato di creare poli di sviluppo inducendo effetti positivi nella base produttiva locale e diventando famose come le cattedrali nel deserto. Deserto economico naturalmente, in contrasto con l'oceano demografico che vi viveva e di cui beneficiava solo nelle forme dell'inquinamento e dell'invasione.
Un diverso tentativo pensato esplicitamente come esempio di politica alternativa è quello di Adriano Olivetti a Pozzuoli, aiutato nella costruzione dello stabilimento dall'architetto Luigi Cosenza. Ma fu, purtroppo, breve cosa e Olivetti, morto nel 1960, già due anni prima era stato rimosso come amministratore delegato dal consiglio di amministrazione; altri progetti lungimiranti , come l'azionariato operaio ad Ivrea, furono semplicemente accantonati.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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