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Lingue e potere

Lingue e politica

Come osserva Raffestin, il linguaggio finisce per avere funzioni di relazioni politiche, economiche, sociali, a più breve o ampio raggio, non tanto per il mero fatto linguistico, quanto piuttosto sulla base di rapporti di potere che si stabiliscono tra i gruppi umani. La lingua inoltre ha diverse funzioni che Gobard raggruppa in quattro tipi fondamentali: linguaggio vernacolare, o locale, parlato spontaneamente e legato all’esigenza di un gruppo di sentirsi in comunione; linguaggio veicolare, imparato per necessità e destinato alla comunicazione a scala regionale o nazionale; linguaggio referenziale, legato alle tradizioni culturali, orali o scritte, espressione di continuità di valori, mantenuta viva attraverso la rivitalizzazione della cultura; linguaggio mitico, apparentemente incomprensibile, espressione di sacralità. Ogni lingua può espletare da sola tutte queste funzioni così come è anche vero che ogni lingua può essere al contrario portatrice di una sola di queste. Indipendentemente dalle funzioni svolte la lingua è comunque un sistema utilizzato come mezzo di espressione, sottoposto a vari condizionamenti e a notevoli variazioni sia in senso sincronico che diacronico. 
Le lingue sono infatti soggette a continui cambiamenti lessicali e morfologici attraverso processi di semplificazione ed arricchimento. In linea di massima esse sono interessate da due tendenze opposte: la differenziazione dialettale, riconducibile ad un fenomeno di dispersione nel corso del tempo; l’unificazione spinta da esigenze di rapporti sociali e relazioni su più vasto raggio. Tali modificazioni possono anche portare a forme di diglossia tra la lingua colta ed il modo di parlare popolare che, se portato avanti in modo accelerato, può anche portare alla fossilizzazione della lingua colta. Le cause che portano alla scomparsa di una lingua sono varie e per lo più di natura extralinguistica, come nel caso della prevalenza di un gruppo su un altro (sia per motivi culturali che numerici), della dipendenza economica, dell’imposizione politica, ecc.  Di fronte alla scomparsa di una lingua altre se ne affacciano, sono le lingue cosiddette emergenti, espressione di gruppi che raggiungono l’indipendenza e che promuovono a lingue ufficiali parlate locali attraverso una politica linguistica volta alla loro unificazione, alla loro standardizzazione ed al loro adeguamento alla complessità del mondo contemporaneo. A questa tendenza si contrappone talvolta quella tesa all’eliminazione di apporti dovuti ad un’altra cultura dalla quale ci si vuole differenziare. Le lingue si diffondono o regrediscono nello spazio e nel tempo per assimilazione, per colonizzazione in una evoluzione continua che ne porta alcune a scomparire, altre a nascere, altre a diffondersi. In un ambiente chiuso i linguaggi tendono a conservarsi ed a modificarsi più lentamente mentre assai rapide sono le modificazioni delle aree soggette a più intense relazioni, economico commerciali. Le stesse lingue pure sono in realtà frutto  di mescolanze e non hanno caratteristiche tali da dover essere collocate ad un livello culturale più alto ma molto spesso sono semplicemente lingue di un potere centrale che ne impone l’uso ad una popolazione più vasta. La lingua è quindi espressione dei rapporti di  forza simili a quelli che si instaurano tra i popoli. E’ al centro di relazioni, assicura la mediazione tra i modi di produzione ed il consumo, impone non solo modelli culturali ma anche interessi economici e politici. In tal senso la lingua può essere considerata uno strumento di potere ed il potere può attualizzarsi nella lingua dal momento che intere comunità possono essere tributarie di una lingua dominante. Essendo il linguaggio espressione di potere, esso muta con il mutare delle relazioni: gli stessi conflitti linguistici esprimono conflitti di altra natura, manifestano relazioni dissimmmetriche e la coercizione linguistica rappresenta una oppressione esercitata tramite la lingua. Indipendentemente dal numero dei parlanti, alcune lingue, saranno in futuro destinate a scomparire a causa del mutare delle relazioni di cui sono espressione.  Altre prenderanno il loro posto. La massiccia diffusione dei mezzi di comunicazione di massa avrà il suo peso, specialmente nei confronti delle lingue non stabilizzate attraverso qualche forma di scrittura. Nei paesi industrialmente avanzati l’informatica ed i media in generale contribuiranno a semplificare ed a mescolare ancor di più le lingue attuali. Quasi tutti i paesi del mondo sono ricorsi a politiche linguistiche, a volte palesi, a volte no, a volte imposte alle popolazioni, a volte stabilizzate nel corso di lunghissimi anni. Gli obiettivi di tali politiche sono vari e spesso contrastanti: dall’intendimento di privilegiare l’uso di una lingua a discapito di un’altra alla riduzione delle differenze all’omogeneizzazione della popolazione, alla semplificazione dello stesso controllo politico e sociale. Le politiche linguistiche sono state e sono diverse da paese a paese. Il quadro più semplice, con le dovute eccezioni, è quello dell’Europa occidentale ove il processo di unificazione politica è stato accompagnato da un costante processo di unificazione linguistica ormai consolidato. Eppure nello stesso ambito  geografico esistono tensioni in cui le lingue vengono assunte come espressione di una identità ritrovata e comunque rivendicata. Nei paesi in via do sviluppo o negli stati plurinazionali il problema si presenta naturalmente assai più articolato e complesso. 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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