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Il Buddismo

È oggi minoritario in India (circa 7 milioni di praticanti) dove è nato, ma ancora capillare in Asia sud orientale, Cina, Giappone, Corea. Anche la dimensione del buddismo, che conta oltre trecento cinquanta milioni di aderenti ha uno spiccato carattere regionale. Le varie scuole buddiste si dividono in due principali tradizioni che si differenziano nell’interpretazione della dottrina del Buddha: il theravada, corrispondente alla dottrina antica e praticato soprattutto in Birmania, Laos, Cambogia, Sri Lanka e Bangladesh, e il mhayana, diffuso in Cina, Giappone, Mongolia, Corea, Vietnam e Tibet (caratterizzato da una tradizione propria o vajrayana, ai vertici della quale è il noto Dalai Lama).
Il buddismo fu fondato da Siddharta Gautama vissuto in India tra il sesto ed il quinto secolo a.C. Secondo la tradizione, egli dopo aver condotto un’esistenza molto agiata abbandonò tutto vivendo sei anni nell’ascetismo assoluto e raggiungendo infine lo stato di suprema coscienza che fece di lui il Buddha (o risvegliato). Dal proselitismo dei suoi primi seguaci si formò una comunità estranea al sistema delle caste, che gradualmente si separò dall’induismo. 
Partendo da alcuni concetti propri dell’induismo (pur drasticamente riformati) come quelli della samsara e del karma, il buddismo pone al centro del suo insegnamento la via per raggiungere la fine della sofferenza e la fine delle trasmigrazioni di esistenza in esistenza. Il nucleo centrale della dottrina si articola in quattro nobili verità: l’universalità della sofferenza, l’interiorità della sofferenza, il fatto che si possa porre fine alla sofferenza solo imparando a liberarsi dalla scala di valori ingannevole e la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana (estinzione del ciclo delle nascite). Per propria natura intrinseca il buddismo può coesistere con altre religioni adattandosi ai diversi contesti culturali in cui è di volta in volta inserito e spesso integrandosi profondamente con la cultura preesistente. Secondo il buddismo tutte le pratiche religiose hanno come obiettivo il progresso dell’umanità verso il bene, così come le strade che portano alla salvezza possono essere molteplici e non escludersi a vicenda. 
Scintoismo: può considerarsi una specie di culto nazionalistico giapponese che può essere praticato insieme ad altre religioni. Le cifre relative ai seguaci sono estremamente variabili e dipendono dalla definizione di scintoismo: i praticanti ufficiali sono poco più di 3 milioni, ma alcune pubblicazioni giapponesi parlano di 45 milioni di seguaci. 
E’ una religione autoctona e non ha un fondatore vero e proprio. Lo scintoismo infatti può considerarsi frutto di convergenza di miti, credenze, riti, usi e costumi profondamente radicati nella vita quotidiana del popolo del paese del sol levante. Il nome, che significa via degli dei, fu coniato nel periodo dell’avvento del buddismo in Giappone, in modo da poter distinguere i due culti. 
Dopo una lunga coesistenza, le due religioni in pratica si fusero. Più tardi si combinò ad esse anche il confucianesimo. Il pensiero filosofico scintoista ruota intorno alla concezione che esiste una profonda armonia tra gli esseri umani, la natura e le numerose divinità che popolano l’universo. Gli esseri divini sono generalmente benevoli e proteggono chi si rivolge loro. Spesso si identificano con elementi della natura (monti, fiumi, animali, piante), o con alcuni personaggi mitici, o con gli stessi antenati. La famiglia imperiale ad esempio discenderebbe direttamente dalla dea del sole Amaterasu, considerata capostipite. Lo scintoismo non ha preclusioni verso le altre religioni, anche se non incoraggia il proselitismo perché considera le sue regole ed i suoi modelli di vita inadatti ai non giapponesi. 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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