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La conquista dal punto di vista teorico e morale: Locke

La conquista dal punto di vista teorico e morale: Locke



Francia e Inghilterra accentuarono progressivamente la loro tendenza a considerare la conquista di fatto insostenibile e dal punto di vista teorico e morale, indesiderabile. Locke contribuì a stendetre una costituzione per la Carolina che avvertiva esplicitamente i coloni che l'idolatria, l'ignoranza e gli errori non costituivano motivi validi per cacciare o maltrattare gli indigeni. È forte l'eco antispagnolo in questa affermazione. L'inghilterra si affretta ormai ad apparire non come potenza di invasione ma come stato ansioso di stabilirsi pacificamente in quella parte d'America non coltivata e quasi disabitata. È chiaro che le ragioni dei coloni inglesi per un comportamento così disponibile vanno viste anche nell'ottica di allontanamento dalla madrepatria, ma è anche vero che molti inglesi pensavano di costruire un ordinamento diverso in America rispetto a quello Europeo.
La contrapposizione pubblicizzata tra inglesi e francesi in chiave antispagnola era anche dovuta alla diffusa propaganda anticattolica alimentata dalle atrocità commesse in Spagna durante la rivolta dei Paesi Bassi e rinfocolata dal libro di Bartolomè de Las Casas intitolato “Brevissima relaciòn de la destruction de las Indias”. Nell'immaginario collettivo la Spagna stava assumendo la forma non solo di aspirante alla monarchia universale ma anche di perfido tiranno responsabile dell'eccidio di migliaia di innocenti.  Non è raro già a partire dal 1600 che gli inglesi si pongano come soccorrittori delle disgrazie degli indigeni: paganesimo, modi di sussistenza preagricoli, spagnoli. Gli inglesi si pongono sempre più spesso come i giustizieri della crudeltà spagnola.
Anche i francesi si preoccuparono di evitare l'accusa di usurpazione, sebbene per motivi un po' diversi. I francesi volevano creare nella Nuova Francia uno stato unitario e per tale motivo, che pur rimase incompiuto, dedicarono molta attenzione ai diritti degli indiani. Nasce una copiosa legislazione fatta di decreti regi che miravano a contenere i possibili eccessi dei coloni. Quando la Nuova Francia capitolò sotto i colpi del feroce Jeffrey Amherst, i termini della resa comprendevano pure il rispetto degli indigeni e dei loro diritti così come era stato sino ad allora sotto i francesi; allo stesso modo i francesi avrebbero goduto della libertà di religione e i loro missionari sarebbero stati protetti. Amherst, che considerava gli indiani carne da macello, e il cui ufficiale di campo, un mercenario svizzero, tale Henry Bouquet, cercò di diffondere tra loro il vaiolo tramite lenzuola infette, acconsentì con riluttanza alla prima richiesta, respingendo brutalmente la seconda.
Considerando che nessuna delle motivazioni sostenute fino ad allora da ciascun Stato avrebbe retto a lungo ad un approfondito esame, si fece strada l'idea, sempre pescata dal diritto romano, della legittimazione di proprietà per occupazione prolungata. Il diritto romano prevedeva che l'usucapione si concretizzasse in seguito ad una lunga occupazione de facto, la quale sanciva anche de iure un dominium sul territorio. Fu una soluzione condivisa da tutti, e Robert Johnson ad esempio proclamò che gli inglesi erano in America da tempo (in realtà due anni, tenendo conto che siamo nel 1609) senza essere stati attaccati da indigeni o da soldati di altri stati; ciò era bastevole. Johnson sapeva che ciò sarebbe stato utilizzato anche dagli spagnoli per rivendicare lo stesso diritto sulle terre meridionali.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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