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La conversione degli imperatori pagani

La conversione degli imperatori pagani


Con gli imperatori cristiani l'antico sogno universalistico trasformò l'ambizione pagana di civilizzare il mondo nell'obiettivo di convertire tutti gli abitanti al cristianesimo. Il corpo di leggi valide per tutti divenne così un solo corpo di credenze, che ridefinite dai padri latini, e dipendenti dal concetto stoico di legge, assicurarono classica dell'impero da parte cristiana era la mitologia sulla fondazione dell'impero romano. Se l'imperium aveva ottenuto una legittimazione della propria illimitata potenza da una e una sola cultura, ciò si doveva al fatto che sul piano morale quella cultura trovava un fondamento nella pietas di cui Enea, insigne per devozione e capacità guerresche, era l'architetto.  La pietas di Enea denota non sono la lealtà alla famiglia ma anche l'osservanza delle sue norme religiose: riconoscere la singolarità e la verità di un credo che nel caso del mondo romano esprimeva una perfetta fusione tra le dimensioni del divino e del politico. Cicerone diceva che era per la scrupolosa osservanza della religione e di una singola verità che Roma splendeva. Agostino affermò che erano state le virtù comprese sotto la definizione di pietas a fare sì che Dio affidasse ai Romani il compito di unificare il mondo prima di Cristo. Il passaggio del concetto romano di pietas all'impero medievale cristiano fu semplice. Nella trasmutazione finale di tutta l'umanità nei seguaci di Cristo, l'impero avrebbe assicurato la dissoluzione di ogni differenza culturale, politica e confessionale. Gli imperatori cristiani non avevano, perciò, solo il dovere di sostenere e proteggere il cristianesimo, ma anche il connesso obbligo di estendere l'impero fino a comprendere i non cristiani, ai quali, a causa della loro ignoranza era stato negato l'accesso alla congregatio fidelium.
Le implicazioni morali.
Spingere gli estranei ad entrare nel grande mondo cristiano poneva dei seri problemi etici. La conversione era considerata come un processo essenzialmente cognitivo, un atto di istruzione che avrebbe condotto il convertito a unirsi di propria volontà alla congregatio fidelium. La conversione forzata, per quanto praticata spesso, era senza alcun senso e Bartolomé de Las Casas avrebbe messo in luce la cosa.  Ad ogni modo la stretta prossimità, nella mentalità cristiana, tra tipi di credo e comportamento sociale, portava a considerare la conversione forzata coma legittima e necessaria per la conversione volontaria. Buona parte della legislazione coloniale nell'America spagnola, e in parte in Canada, era diretta a questo fine.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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