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Tertulliano e Ippolito (II sec.)



Parliamo dunque di Ippolito e Tertulliano.
Ippolito è maturato in Asia Minore, probabilmente a Smirne, nel clima di entusiasmo apocalittico della fine del II secolo. Dunque i suoi primi problemi sono esegetici e sono puntati sui libri che trattano la fine del mondo: il Libro di Daniene e l'Apocalisse di Giovanni. Ippolito,a differenza di Ireneo, riconosce nei romani la bestia che sale dal mare e vede in cristiani e romani due eserciti contrapposti, uno secondo la potenza di Satana e l'altro secondo la potenza di Dio.
Quando compare il monarchianismo, Ippolito prende a cuore il problema trinitario e scrive il Contra Noetum dove sostiene la concezione della divinità non monarchica ma economica (cioè in tre unità distinte). A Roma la posizione di Ippolito si fa però difficile. Ippolito pensa che papa Callisto sia troppo incerto nel prendere posizione contro i monarchiani e che sia in generale troppo generoso: con gli abiuratori della fede in seguito alle persecuzioni che venivano riammessi; i preti che potevano sposarsi eccetera. L'intransigenza di Ippolito rivela la ormai avvenuta secolarizzazione della Chiesa. Si giunge così al violentissimo scontro tra Ippolito e il vescovo Callisto, che Ippolito pone come uno scontro tra la Chiesa (la sua) e una scuola (quella di Callisto) nei Philosophumena.
Tertulliano era uno scrittore africano di Cartagine che ha numerose affinità con Ippolito. Sarà uno dei più tenaci difensori delle violenze romane sui cristiani e nel suo famoso Apologetico difenderà con veemenza il cristianesimo dalle accuse dei pagani, inaugurando la letteratura cristiana di origine latina. Le argomentazioni di Tertulliano sono di origine giuridica e contestano ai romani la sostanziale illegalità della loro legislazione religiosa. Confuta pesantemente la lettera di Plinio a Traiano. Alla critica di essere contro i valori più sacri del mos maiorum, risultando dunque improduttivi e infruttuosi, Tertulliano risponde appellandosi alla verità e alla moralità della religione cristiana che impedisce loro di partecipare alla vita pubblica. Se la società romana si aprisse ai valori cristiani, i cristiani prenderebbero parte alla vita civile. Ma per Tertulliano gran parte delle attività pubbliche sono intrise di idolatria e nel De Spaectaculis giudica immorali, osceni e idolatrici i giochi. La veritas è al di sopra della consuetudo. Se la legge è sbagliata si modifica.
Si scaglia anche contro le eresie, forte di una tradizione ormai consolidata. Nel De praescriptione haereticorum invita anzi a prescrivere gli eretici perchè solo nella Chiesa Cattolica è stata trasmessa la vera dottrina. Confuta così le dottrine eretiche e scrive contro il marcionismo il già citato Adversus Marcionem tra il 207 e il 212, che però non appare molto originale e si serve degli scritti di autori precedenti come il Dialogo con Trifone di Giustino o l'Adversus Haereses di Ireneo.
Sul piano teologico Tertulliano difende strenuamente il Logos e non rifiuta innovazioni audaci per la costruzione del dogma trinitario. Nell'Adversus Praxean insiste sulla pluralità delle persone divine, introducendo quei termini di “trinitas” e “persona” che avranno tanto successo in futuro, ed è lui a esprimere al meglio la teoria del dogma trinitario: una substantia, tres personae.
Ma Tertulliano è simile a Ippolito nella sua condanna di una Chiesa ormai secolarizzata e troppo incline ai patteggiamenti col mondo. Nell'ultima parte della sua vita, proprio per questo, probabilmente aderirà al movimento montanista scagliandosi contro il lassismo chiesastico su argomenti delicati come il servizio militare (De Corona), le seconde nozze (De monogamia), la fuga in seguito a persecuzione (De fuga in persecutione).

Tratto da STORIA DEL CRISTIANESIMO di Gherardo Fabretti
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