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La storiografia di Caio Svetonio Tranquillo

La storiografia di Caio Svetonio Tranquillo


Svetonio più che storiografo è biografo. La biografia nacque nell’ambito della scuola aristotelica come narrazione della vita dei filosofi (vedi Diogene Laerzio) tramite aneddoti, massime e sentenze appartenenti al filosofo stesso. Ad Alessandria si facevano delle vere e proprie schedature degli intellettuali sistemate per rubriche (vita, opere, testi) che non avevano né intenti storico – sociali né diacronicità; erano utili solo alla biblioteca e agli intellettuali. A Roma c’era una lunga tradizione di memoria degli antenati (imagines, laudationes funebres, manes) che era stata ereditata dai Greci; eccellenti biografi furono Cornelio Nipote (De viris illustribus) e Varrone (Imagines); Svetonio fu il massimo esponente di questa tradizione storiografica.L’unica opera a noi giunta completa è il De vita Caesarum che come un medagliere accoglieva 12 ritratti degli imperatori da Cesare (a differenza di Tacito che parte da Augusto), il primo vero imperatore, a Domiziano. Non si arrischiò a toccare imperatori della sua epoca e in questo ricorda Tacito. Era un funzionario dell’imperatore e come tale aveva libero accesso agli archivi imperiali che gli permisero di comporre la sua opera in maniera precisa e dettagliata. Egli abbandona il criterio annalistico e anche il modo di interpretare la storia. Se per Tacito Roma era una entità globale fatta di persone, fatti e luoghi, Svetonio la vede come storia degli imperatori, veri motori della storia, nel bene e nel male.
In effetti Svetonio capisce che una storiografia annalistica era adatta all’epoca senatoria quando la successione degli anni si regolava con la successione delle magistrature repubblicane; in una società dove il potere è esplicitamente in mano ad un solo uomo è la sua biografia il mezzo migliore per descrivere gli eventi del suo tempo. Svetonio prende coscienza del radicale cambiamento. Noi siamo eredi della storiografia svetoniana (storia dei papi, a partire dal IV secolo a.C. con Eusebio ad esempio). Le sue biografie non illustrano la vita degli imperatori secondo una diacronicità, per tempora, bensì per species, per categorie che trattavano i vari aspetti della personalità del principe, inquadrando in apposite sezioni le sue virtù e i suoi vizi; la sua storiografia era quindi orientata in senso moralistico. Molti vedono la storiografia svetoniana come manuale del pettegolezzo. In realtà Svetonio abbandona gli intenti servili e rappresenta l’imperatore nella sua integrità, demistificandolo, con i suoi vizi e le sue virtù. L’opera era dedicata al ceto equestre, fatto di funzionari e burocrati, che apprezzava lo stile piano e la concretezza dell’opera, con la sua tendenza all’ordine e alla classificazione ordinata ma che tradiva una certa superficialità analitico – storica e psicologica. Non dimentichiamo che Svetonio stesso apparteneva al ceto equestre.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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