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Città distrutte e baraccopoli nei film europei anni 50-60


L’eclisse non ritrae le baraccopoli, che erano assenti anche nelle descrizioni neorealiste di Roma. Quando De Sica decise di portare sullo schermo un’area suburbana si spostò altrove (“Miracolo a Milano”); e non presentò prima del 1956, ne “Il tetto”, i sobborghi romani costruiti con vecchie lattine e scatoloni. A partire da questa data i registi europei cominciano a guardare la città da un altro punto di vista. La coppia centro-periferia è stata rappresentata di frequente durante gli anni’50, mentre le baraccopoli sono spesso descritte negli anni’60, sebbene entrambe le realtà siano state presenti nei film dagli anni’20 agli anni’80.
l’aspetto importante di questa evoluzione è che molti registi si mossero verso un’immagine meno strutturata, o addirittura destrutturata, della città.
Nel 1945 le città europee  erano gravemente danneggiate. Molti film alludono a tale distruzione ma solo la Germania ha sviluppato questo tema per un lungo periodo. Il cinema tedesco insiste meno dei suoi concorrenti europei sul modello centro-periferia e più sulla descrizione degli edifici distrutti mentre le periferie dipendono dalle aree urbane e sono a esse legate, le baraccopoli cinematografiche esistono di per se e hanno caratteristiche identificabili. Esse sono spazi semiabitabili in cui esistono enormi spazi di terra incolta. Qui la gente si muove costantemente in moto e persino a piedi; gli spostamenti univoci verso il centro sono sostituiti dai continui scambi locali. In realtà i film ritualizzano alcuni stereotipi sui quartieri “proletari”, già sviluppati nei romanzi popolari del XIX secolo: danze all’aperto, feste di piazza, gioco d’azzardo e violenza. Si suppone che la vita sia dura, il ladro non esiste dato che non esiste una proprietà da garantire, la disoccupazione o il lavoro a breve termine sono un destino normale. Le baraccopoli sono aree immense e sconnesse, in cui la città ha il diritto di gettare la sua immondizia, elemento caratteristico del luogo. Questi posti dove la gente si conosce bene ed è abituata a ricavare il massimo dal niente, sembrano spazi di libertà e amicizia, tuttavia gli abitanti non possono sopravvivere se non imbrogliando. Le baraccopoli sono una minaccia solo per se stesse, infatti mentre le città generano ladri e criminali (film di De Sica), le baraccopoli cinematografiche sono ancora troppo distanti e primitive per essere pericolose. Il miglior aggettivo per qualificarle è “barbare”. La versione filmata dei quartieri più poveri che si sviluppò soprattutto negli anni ’60 e ’70 era ambigua, tendeva a dare una visione critica e realistica delle aree derelitte, escluse dai benefici della società contemporanea, in paesi in cui la prosperità stava crescendo. Le baraccopoli furono rappresentate come qualcosa di molto diverso, come un altro mondo, “terzo mondo”( i film descrivevano il devastante sviluppo di aree abbandonate e depresse).

Tratto da CINEMA DEL NOVECENTO IN EUROPA di Laura Righi
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