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La cultura del Rinascimento


Il Rinascimento è l'epoca che va grosso modo dalla fine del Quattrocento alla fine del Cinquecento. È l'epoca maggiormente studiata dai comparatisti perchè è in questo periodo che si manifestano i più radicali rinnovamenti della produzione letteraria; è questo periodo che manifesta la maggiore consapevolezza di sé e la maggiore volontà di organizzarsi in un vero e proprio sistema culturale.
In quest'epoca l'Europa è divisa in tre blocchi: cattolico, protestante e ottomano. Lo scisma luterano ha conseguenze enormi sullo sviluppo delle lingue nazionali: Lutero per diffondere il protestantesimo utilizza il tedesco del popolo e la Chiesa Romana per rispondere con le stesse armi inizia la predicazione in volgare, diffondendo letterariamente anche lingue come il magiaro, le lingue baltiche, il finnico, l'albanese e lo sloveno. La conquista ottomana invece getta l'Oriente nel buio e fa sì che molti si trasferiscano in Occidente, arricchendo la cultura classicista e bizantina.
L'idea del Rinascimento è propria dello stesso Rinascimento. Petrarca parla di una aetas nova da contrapporre non alla aetas antiqua ma alle tenebrae del Medioevo. Vasari parla di rinascita dell'arte a proposito di Giotto e Cimabue. Il pensiero del Rinascimento è dinamico e progressista. Il principio fondante del Rinascimento è il ritorno alle origini della civiltà, attuabile o assolutizzando / attualizzando l'antico oppure idealizzando il presente.
Il termine Rinascimento viene spesso sostituito, specie in area anglosassone, da quello di Età Moderna, meno mitico, baldanzoso e santificante, specie dopo l'uscita, nel 1860, del libro di Burckhardt La civiltà del Rinascimento in Italia.
L'invenzione della stampa (1448) diede un impulso incalcolabile al periodo, incentivata anche dal rilancio della letteratura antica. L'alfabetizzazione si diffuse, i lettori si moltiplicarono, la propaganda politica si acuì. La modernità del Rinascimento stava nell'avere messo uno iato tra presente e passato, nell'avere inserito una prospettiva storica. Ciò significava reinterpretare gli antichi da un punto di vista moderno. Ciò avvenne, secondo Anthony Grafton, in due modi:
- in maniera STORICA, dunque filologica. Il letterato considera il testo antico un manufatto distante e misterioso di cui vadano indagate la forma, lo stato materiale e le ragioni.
- In maniera ASTORICA, dunque pedagogica. Ha un valore classico, quindi vi riconosce verità valide anche per il presente.
In entrambi i casi si sente un senso di perdita rispetto al passato che nel Medioevo non si sentiva mancando la coscienza di una interruzione storica rispetto all'Impero Romano (vd. la nozione di historical solitude di Greene).
Si diffonde una insaziabile voglia di sapere, di perfezionamento e di forza mentale. Arthur Kinney dice che apprendimento e vita erano una cosa sola, ed entrambi si fondavano sul potere e sull'utilità del linguaggio. Da qui la rinascita degli studi di eloquenza e di retorica, una rinnovata centralità della parola e del discorso nella formazione dell'uomo moderno.
C'è un mutamento nel ruolo dello scrittore, mai così sociale e mai così definito in termini di rapporti con la tradizione e col potere, producendo scritti spesso non esclusivamente letterari, dove si mischiavano retorica, stile, politica e ideologia. C'è una vera e propria normativizzazione della scrittura.

Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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