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La madre schizofrenogena


Intorno agli anni ’50 nacquero i concetti di madre iperprotettiva e madre schizofrenogica, prese consistenza che l’idea che la “famiglia uccide” e molti sistemi di cura furono improntati a separare i membri schizofrenici dalle loro famiglie.
L’ottica sistemica considera la schizofrenia come un sintomo di un processo emotivo osservabile nel presente ma che viene dal passato. L’unità minima di osservazione sono le 3 generazioni essendo la più recente quella che include il membro diagnosticato schizofrenico.
Il processo di proiezione della patologia, dell’ansia, del disagio, del disadattamento in un membro è tanto più intenso quanto più rilevante è l’ansia, la sofferenza e l’indifferenziazione negli altri componenti della famiglia. Lo stesso meccanismo di protezione agisce nell’individuo quando ad essere invaso è solo uno dei sistemi interni preservando così gli altri.
Triangoli emotivi coinvolgenti 3 generazioni si interconnettono secondo una trama invisibile di bisogni disattesi e richieste implicite di soddisfacimento rivolte a terzi e mai appagate.
Se un padre sente di non essere stato adeguatamente accudito dalla propria madre e di non aver goduto di un attaccamento sicuro tale da permettergli di elaborare, crescendo, la sia dipendenza può rivolgere richieste di protezione e accudimento della moglie. Lei presto lo deluderà perché non disponibile o perché chiede altrettanto. Allora si attenderà che il suo figlio prediletto capisca le sue esigenze e occupi il posto della madre rendendosi disponibile ed erogando supporto emotivo. Ciò parzialmente avverrà con grave distorsione del rapporto genitore e figlio e di tutti gli altri rapporti con i membri della famiglia. Bowlby definisce tale relazione di “accudimento inversa”, mentre la posizione del figlio è detta da Andolfi del “figlio-nonno”.
L’isolamento emotivo, la difficoltà e intimo contatto con gli altri, l’impossibilità di lasciare il campo in quanto si rischia la totale frammentazione di quel poco di sé e la rottura irreparabile di un equilibrio nei rapporti pur esistente alimentano l’insorgenza del sintomo schizofrenico.
In questa famiglia, se da una parte si cerca di incoraggiare l’autonomia e l’indipendenza, dall’altra, in modo incoerente e paradossale, si sollecitano e rinforzano le parti infantili, primarie.
I farmaci riducono l’ansia del paziente e della famiglia che lo sa in terapia, ma se non accompagnati da un intervento mirato a spostare la patologia dal singolo al sistema e alla sua storia rischiano di rinforzare il processo di canalizzazione della tensione sul singolo colludendo con la cecità della famiglia nell’ignorare la matrice relazionale del disturbo.

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