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Significati e luoghi terapeutici del ricovero dello psicotico


La malattia fisica attiva a livello psicologico fantasmi ipocondriaci e di morte; il corpo sentito come cattivo e pericoloso diventa una minaccia. L’angoscia che ne deriva mobilita tutta una serie di reazioni difensive tra le quali la negazione, la formazione reattiva e la regressione.
La scelta del ricovero diventa un atto estremo ma necessario; l’atto di passaggio attraverso cui l’individuo malato e la sua famiglia si affidano all’istituzione ospedaliera che con i suoi spazi, i suoi tempi e le figure sanitarie che vi operano può configurarsi come la Magna Mater.
Con il ricovero si entra nello spazio protetto del reparto e in un tempo scandito dai ritmi sempre uguali della cura. Si entra in una dimensione regressiva, onnipotente, in cui spesso si crea un chiaro equilibrio difensivo di tipo collusivo tra i sanitari, la famiglia e il paziente.
L’onnipotenza terapeutica dell’istituzione tende ad attenuare o cancellare le angosce e le paure di morte non paziente, nella sua famiglia e nell’operatore.
Si deve prendere in considerazione il ricovero del paziente schizofrenico quando c’è una chiara difficoltà ad instaurare un rapporto collaborativo che permetta un trattamento domiciliare, il rischio di condotte violente, di condotte auto-aggressive, la rottura delle relazioni socio-familiari e il bisogno di controllare la vita di relazione del paziente.
La scelta del ricovero coincide spesso con una fase di scompenso psicotico: l’aderenza alla realtà è gravemente compromessa, il paziente non è in grado di distinguere quanto è interno o esterno a lui, vi è una modalità persistente di erronea percezione delirante.
Gli impulsi sono mal controllati e la capacità di mentalizzazione ridotta, i confini, la continuità e la coesione del sé sono gravemente alterati.
Il paziente schizofrenico, durante la crisi regressiva, sembra rivivere a ritroso le fasi più significative della sua crescita. Il tempo e lo spazio relazionale di un periodo della vita in cui l’altro, l’oggetto materno, sostituiva le funzioni dell’Io ancora immature: la madre doveva prendere in carico l’intera persona, accogliere e gestire le situazioni negative e positive.

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