Skip to content

Apetti generali del ritardo mentale


Si può parlare di ritardo mentale (RM) quando un soggetto in età evolutiva presenta un deficit nello sviluppo intellettivo e contemporaneamente una limitata capacità di risposta alle richieste adattive del contesto sociale e ambientale.
Il concetto di RM nacque nel ‘900 a seguito dei primi rudimentali approcci della psicometria, grazie al lavoro di Binet e Simon che nel 1905 elaborarono una scala di misurazione dell’intelligenza infantile, introducendo la nozione di età mentale (EM), cioè il livello delle capacità mentali accertate tramite diverse prove.
Negli stessi anni fu introdotto il concetto di quoziente intellettivo (IQ). Terman lo usò nel 1916 per indicare l’intelligenza individuale, calcolandolo mediante un test psicologico, come rapporto percentuale tra l’EM e l’età cronologica (EC), cioè l’effettiva età del soggetto (un IQ di 100 rappresenta la normalità). Oggi, dopo lo sviluppo di altre scale di valutazione intellettiva, si considera ancora l’utilità del IQ nel misurare il deficit di un soggetto, ma se ne discute la validità assoluta per la sua dipendenza da molte variabili, soprattutto dal contesto socio-culturale del soggetto e dal suo stato emotivo al momento della somministrazione delle prove.
Il Ritardo Mentale è diagnosticato secondo i criteri stabiliti dai sistemi di classificazione internazionale, quali il DSM-IV-TR o l’ICD-10.
Secondo l’ICD-10, il Ritardo Mentale rappresenta una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale dell’intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche, motorie e sociali.
Il DSM-IV-TR, che colloca il RM in asse II, specifica la definizione diagnostica, con un funzionamento intellettivo significativamente inferiore alla media, un IQ di 70 o inferiore.
Altri deficit considerati dal DSM sono quelli del funzionamento adattivo attuale (cioè la capacità del soggetto di seguire gli standard ambientali, culturali e della sua età) in almeno due aree fra le seguenti: comunicazione, cura della propria persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero.
Mentre l’IQ sembra restare un attributo stabile, l’adattamento sembra suscettibile di miglioramento, qualora si intervenga con tentativi di riabilitazione. L’età di esordio deve precedere i 18 anni. In base al punteggio raggiunto al test intellettivo, sia l’ICD-10 che il DSM suddividono il RM in diversi sottotipi, cioè livelli di progressiva complessità del disturbo:
un IQ compreso tra 50-55 e 70 corrisponde a un Ritardo Mentale Lieve (età mentale 9-12 anni);
un IQ compreso tra 30-35 e 50-55 corrisponde a un Ritardo Mentale Moderato (età mentale 6-9 anni);
un IQ compreso tra 20-25 e 35-40 corrisponde a un Ritardo Mentale Grave o Severo (età mentale 3-6 anni);
un IQ inferiore a 20-25 corrisponde a un Ritardo Mentale Gravissimo o Profondo (età mentale inferiore ai 3 anni).
La collocazione di tutti quei soggetti che, pur non manifestando un IQ superiore a 70, presentano ugualmente difficoltà adattive dovute al deficit intellettivo, crea alcune difficoltà. Il DSM classifica queste situazioni come Funzionamento Intellettivo Limite o Borderline, legato a un’insufficienza di stimolazioni pedagogiche e ambientali. Se queste cause vengono eliminate, le prestazioni intellettive possono normalizzarsi in breve tempo.
Ai vari livelli di gravità di RM, corrispondono diversi gradi di adattamento. Nel Ritardo Mentale Lieve (l’85% delle persone affette da questo disturbo) i soggetti sviluppano capacità sociali e comunicative nell’età prescolare (da 0 a 5 anni), hanno una scarsa compromissione delle aree sensimotorie e spesso è difficile distinguerli dai bambini normodotati fino a un’età più avanzata. Prima dei 20 anni possono acquisire capacità scolastiche corrispondenti alla quinta elementare. In età adulta sviluppano capacità sociali e occupazionali adeguate tali da permettere un livello minimo di autonomia, ma necessitano di supervisione e assistenza, specie se sottoposti a stress sociali ed economici inusuali. Il 50% di questi soggetti ha alterazioni emotive con personalità rigidamente organizzata, collera o esibizionismo, o totale inibizione o sottomissione.
Nel Ritardo Mentale Moderato (10%), la maggioranza dei soggetti acquisisce capacità comunicative nella prima infanzia; se supervisionati riescono a provvedere alla cura della propria persona e a trarre beneficio della formazione professionale. Difficilmente progrediscono oltre il livello scolastico della seconda elementare. Da adolescenti, le difficoltà nel riconoscere le convenzioni sociali possono interferire nelle relazioni con i coetanei. Da adulti hanno spesso difficoltà nell’assolvere lavori non specializzati e semi-specializzati senza supervisione.
Nel Ritardo Mentale Grave (3-4%), si osservano scarse abilità comunicative (il livello raggiunto nella prima infanzia è minimo o assente). I soggetti possono imparare a parlare, conoscere l’alfabeto, familiarizzare con semplici operazioni aritmetiche, possono imparare le attività di base per la cura di se stessi. In età adulta possono svolgere compiti semplici in ambiente protetto.
Nel Ritardo Mentale Gravissimo (1-2%) è diagnosticata una condizione di deficit neurologico con compromissione delle funzioni sensimotorie, una grave limitazione nella cura di sé, nella continenza e nella comunicazione; è opportuno programmare i supporti assistenziali.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.