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Il fenomeno della commedia all'italiana

Il fenomeno della  commedia all'italiana


Parallelamente all’esperienza del neorealismo, si espande il fenomeno della commedia all’italiana, che a differenza del primo, non ostacolata dalla critica e non censurata dal governo, dilaga incontrastata.
Il via viene dato da Luigi Zampa e Renato Castellani, che sulla scia dell’esempio di Mario Camerini, realizzano, a partire dal 1945, numerosi film che si inseriscono nella prospettiva di una lettura umoristica della realtà italiana. Zampa firma Vivere in pace, del 1947 e Anni difficili, dello stesso anno; Castellani lancia nel 1946 Mio figlio professore, e nel 1951 Due soldi di speranza, che sarà Palma d’oro al Festival di Cannes.
I due registi sviluppano uno stile da commedia che si armonizza bene con l’atmosfera dell’epoca: collocazione sociale ed economica, personaggi modesti, scenari naturali, messaggio finale di fraternità. Sono gli elementi di base del neorealismo presentati attenuati, con una ironia  qualche volta feroce, a volte grottesca, che modifica completamente l’inquietudine del soggetto.
Si ritrovano così insieme vecchi artigiani del cinema come Blasetti e Gallone, nuovi autori come, Fellini, Bolognini, Rossellini e De Sica, sceneggiatori come Amidei, De Concini, Age e Scarpelli, e attori come Totò, Fabrizi e De Filippo, e tutti insieme lavorano costituendo un crogiolo fatto di influenze così diverse da non permettere al genere di costituire un insieme uniforme e immutabile.
Una figura emblematica domina la commedia all’italiana: Antonio de Curtis, alias Totò, che raggiungerà i vertici del suo successo proprio in questo decennio.
Pur avendo sperperato il suo talento in molti film mediocri, a partire dal 1949 appare in film  che gli conferiscono una immagine più drammatica, testimoniando la sua integrazione in quella commedia all’italiana che descrive la miseria del tempo, la durezza dei rapporti sociali, l’iniquità del sistema giudiziario o l’invadenza della burocrazia. Pensiamo a Totò cerca casa (1949) e Guardie e ladri (1951), del duo Steno – Monicelli, a Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo, Dov’è la libertà…? (1952) di Roberto Rossellini, Totò e Carolina (1955) di Monicelli. Tutti questi film mostrano come Totò si sia ammirevolmente insinuato nel ruolo dell’italiano miserabile, incline alla disoccupazione, alla piccola delinquenza, alla penuria di case, e sempre alla ricerca di un po’ di dignità umana.

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