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Gli statuti delle regioni speciali


Il disposto dell’art. 116 cost., secondo cui i rispettivi statuti vengono “adottati con legge costituzionale”, fa pensare che tali Regioni siano prive di quell’autonomia statutaria di cui godono invece le Regioni ordinarie.
Sulla base della versione originaria degli statuti speciali, questa era una conclusione obbligata.
Con il varo della l. cost. 2/2001 si è però provveduto a riconoscere a tutte le Regioni differenziate un potere di auto-regolamentazione interna simile a quello attribuito alle Regioni di diritto comune.
A seguito della legge costituzionale appena citata, ciascuno statuto speciale affida ad una legge regionale “rinforzata” (approvata secondo un procedimento sostanzialmente analogo a quello previsto dal nuovo testo dell’art. 123 cost. per l’approvazione degli statuti ordinari) il compito di determinare la forma di governo della Regione, l’esercizio del diritto di iniziativa legislativa popolare, la disciplina dei referendum regionali, ecc…
Però gli statuti speciali adempiono ad una funzione diversa da quella degli statuti ordinari, in quanto provvedono a fissare i principi relativi all’elezione dei Consigli, alla finanza regionale, ai controlli sugli organi regionali, e individuano, inoltre, le materie assegnate alla competenza della Regione.
In sintesi, si può dire che svolgono nei confronti di ciascun ordinamento speciale il ruolo che, in rapporto all’ordinamento delle Regioni ordinarie nel loro insieme, è assolto dalla Costituzione.
E’ opportuno sottolineare che gli statuti speciali possono derogare alla disciplina che la Costituzione detta per le Regioni, ma, al pari delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali, non possono contrastare con i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale.

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