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Le principali innovazioni introdotte dalla riforma del titolo V: l’inversione del criterio di attribuzione delle materie


L’innovazione più vistosa introdotta dalla riforma costituzionale del 2001 è rappresentata dall’inversione del criterio finora utilizzato per individuare gli ambiti della potestà legislativa assegnati, rispettivamente, allo Stato e alle Regioni.
Infatti, mentre in precedenza erano le materie di competenza delle Regioni ad essere elencate tassativamente, la legge di revisione del Titolo V provvede invece ad indicare e materie in cui è lo Stato ad avere potestà legislativa “esclusiva”, affermando nel contempo il principio che “spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
La riforma, tuttavia, non rompe completamente con il passato.
Se, infatti, vengono cancellate le potestà attuativa e integrativa-attuativa, viene peraltro mantenuta, ed è un elemento di (criticabile) continuità con l’assetto precedente, la potestà legislativa concorrente, da svolgersi in un elenco di materie specificate dal nuovo art. 1173 cost.
In tali materie la determinazione dei principi fondamentali rimane riservata alla legislazione dello Stato, mentre alle Regioni è lasciata tutta la rimanente disciplina.
Sullo spinoso problema della definizione e della delimitazione delle singole materie, qui si può solo segnalare che i principali criteri utilizzati allo scopo sono quello oggettivo, che tende ad identificare le materie in base al loro contenuto, così come emerge dalle formule costituzionali assunte nel significato che hanno nel corrente linguaggio legislativo, e quello teleologico, che ricomprende nell’ambito di una materia tutte le attività il cui fine sia ad essa riconducibile, anche se non rientrano in senso stretto nei margini oggettivi della materia stessa.
Appare evidente che, in tale contesto, gli orientamenti della Corte costituzionale risultano determinanti, oggi ancor più che in passato.
Va tenuto presente, infatti, che, seppure a parti invertite fra Stato e Regioni, è ancora attraverso l’interpretazione delle formule linguistiche che definiscono le materie che vanno identificate, in positivo, la sfera di competenza dello Stato e, “per differenza”, quella delle Regioni.
L’importanza della giurisprudenza costituzionale in questo campo assume il massimo risalto in alcune recenti decisioni, secondo le quali, a garanzia di esigenze unitarie ed al fine di rendere più flessibile il disegno costituzionale, può essere giustificata qualche deroga alla normale ripartizione della funzione legislativa fra lo Stato e le Regioni.
Secondo la Corte la competenza legislativa dello Stato non va dunque ricostruita esclusivamente sulla base dell’art. 117 cost., ma si deve tenere conto anche del successivo art. 118 cost., il quale vincola al rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza sia l’allocazione delle funzioni amministrative, sia quella delle competenze legislative.
Ciò in virtù del principio di legalità, secondo il quale le funzioni amministrative vanno regolate per legge.

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