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Limiti della potestà legislativa regionale (art. 117(1) cost.): il rispetto della Costituzione


Per quanto riguarda la potestà legislativa regionale, il limite così formulato dall’art. 1171 cost. non può essere identificato con il vecchio “limite costituzionale” che, prima della riforma, secondo la giurisprudenza costituzionale assumeva la forma, volta a volta, del c.d. “limite del diritto privato”, del c.d. “limite della materia penale” o del c.d. “limite della materia giurisdizionale e processuale”.
Si trattava di quei casi in cui, secondo la Corte costituzionale, la Costituzione poneva, per garantire uniformità di disciplina e di trattamenti giuridico, una “riserva di legge statale”, con la conseguente esclusione delle leggi regionali.
Dopo la riforma del 2001, potrebbe sembrare che non molto sia cambiato, visto che il nuovo art. 1172 lett. l cost. riserva in via esclusiva allo Stato, fra le altre, le materie ordinamento civile, ordinamento penale, giurisdizione e norme processuali.
In realtà, a ben vedere, il quadro è molto diverso, perché il “rispetto della Costituzione” non può essere considerato, come un tempo, semplicemente uno dei tanti limiti della potestà legislativa regionale, ma assume un duplice significato: in primo luogo, va visto come l’asse fondamentale di un ordinamento a Costituzione rigida (in altre parole, il “rispetto della Costituzione” è da intendere, innanzi tutto, come un richiamo alla salvaguardia dei principi e dei valori fondamentali condivisi da tutta la collettività nel suo insieme); in secondo luogo, dallo specifico punto di vista delle Regioni, la medesima locuzione va intesa come una formula riassuntiva, che preannuncia e sintetizza le disposizioni costituzionali che in termini espliciti e positivi circoscrivono, ove la Costituzione ritiene necessario assicurare uniformità di disciplina e di trattamento giuridico, l’esercizio (altrimenti generalizzato) della potestà legislativa regionale.
Fermo restando tutto ciò, è comunque evidente che lo svolgimento dell’attività legislativa da parte dello Stato e delle Regioni nelle rispettive materie richiede necessariamente, nella logica della riforma, una concertazione politica stretta e continua, per rendere possibile lo sviluppo armonico e completo delle rispettive competenze e per dare applicazione ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Allo scopo, la soluzione più idonea sarebbe stata quella di modificare la struttura del Parlamento, in modo da trasformare uno dei suoi due rami in una Camera rappresentativa delle Regioni; ma le forze politico-parlamentari non sono riuscite a fare niente di più che prevedere che “i regolamenti della Camera e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali”.
Nell’ipotesi in cui la citata Commissione esprima parere contrario su un progetto di legge in materia di legislazione concorrente o in materia di coordinamento finanziario, è necessario, per l’approvazione, il voto a maggioranza assoluta dell’Assemblea.

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