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Il cammino comunitario della corte costituzionale: dal 1984


Terza fase (dal 1984): per quanto riguarda il rapporto fra i trattati istitutivi e l’art. 11 cost., la Corte giunge ad una ben diversa conseguenza applicativa: il contrasto tra diritto comunitario e diritto interno non dà necessariamente luogo ad illegittimità costituzionale di questo, in quanto, allorché la norma comunitaria sia ritenuta direttamente applicabile, ogni conflitto viene in limine escluso dalla necessità per il giudice e per gli altri operatori del diritto di darle immediata applicazione.
Conseguentemente inammissibili per difetto di rilevanza devono ritenersi le questioni di legittimità costituzionale di norme legislative interne, sollevate con riferimento a norme comunitarie direttamente applicabili.
La Corte accetta senza riserve le conclusioni del giudice comunitario sulla diretta applicabilità delle direttive, ed estende questa caratteristica alle sentenze interpretative ed a quelle d’inadempimento della Corte di Giustizia.
Come si è già detto, l’art. 117 cost. ha finito col confermare il punto di arrivo della giurisprudenza della Corte costituzionale, dando un esplicito fondamento costituzionale, non solo al principio della superiorità delle fonti comunitarie su quelle interne, ma anche su quello della diretta applicabilità dei regolamenti e delle altre fonti cui essa è riconosciuta, con tutte le relative implicazioni.

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