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I limiti del decreto-legge


Esistono autorevoli e diffuse opinioni per le quali il decreto-legge, in nome dell’urgenza che ne è alla base, potrebbe superare il c.d. disponibile con legge ordinaria, e derogare o sospendere anche norme costituzionali.
Sarebbe così possibile, con tale atto, allorché la situazione di urgenza effettivamente lo richiedesse (si pensi ad ipotesi di guerra civile, gravi fenomeni di terrorismo organizzato, ecc…), sospendere le garanzie costituzionali individuali e collettive.
In questa prospettiva, l’unico limite configurabile è quello della straordinaria necessità ed urgenza nella duplice valutazione del Governo, in sede di adozione, e del Parlamento, in sede di conversione.
Questa tesi, peraltro, non appare del tutto convincente, in quanto all’interno della fattispecie dell’art. 77 cost. non può scorgersi un riferimento all’idoneità del decreto-legge a superare il disponibile con legge ordinaria; ed è noto che in Assemblea costituente fu a più riprese ribadita la volontà di non attribuire ai decreti stessi valore superiore a quello della legge ordinaria.
Certamente la qualificazione del decreto come “provvedimento”, se si vuol tenere ferma la tesi sopra sostenuta dell’inammissibilità delle leggi-provvedimento, denota l’idoneità del decreto-legge, a differenza della legge, a farsi concreto provvedimento in riferimento alla situazione d’urgenza da fronteggiare; ma, con altrettante certezza, essa non autorizza il decreto a sospendere garanzie o norme costituzionali.

Il rigetto di questa tesi apre la strada ad una diversa considerazione dei limiti al decreto-legge, che dovranno naturalmente essere ricondotti alle norme costituzionali:
a. limiti specifici, previsti dall’art. 77 cost., ricollegabili ai “casi straordinari di necessità e di urgenza”;
b. limiti generali, costituiti dall’obbligo del rispetto delle norme costituzionali, procedurali e sostanziali.
Deve concludersi che la sussistenza delle straordinarie ragioni di necessità e di urgenza non può giustificare alterazioni nella sfera dei rapporti fra esecutivo e legislativo in quei settori in cui la Costituzione ha previsto la sottoposizione del Governo al controllo politico del Parlamento.
Oltre che limiti di materia, la decretazione d’urgenza sembra incontrare anche limiti di contenuto.
In particolare, si era osservato che la natura provvedimentale del decreto avrebbe potuto indurre a ritenere che tale atto fosse preordinato a fornire una concreta regolamentazione a situazioni eccezionali ed urgenti.
Impostazione, questa, che tuttavia non ebbe seguito: perché il nomen iuris di provvedimento dato al decreto-legge non consente di per sé di desumere che il Governo sia tenuto soltanto a provvedere al caso concreto e non già anche a disporre in via generale ed astratta, quando le eccezionali circostanze da fronteggiare richiedano, appunto, che si “provveda” attraverso l’adozione di una disciplina anche generale di determinate materie.
Più diffusa è, invece, l’opinione secondo cui il decreto-legge, essendo finalizzato a fronteggiare contingenze straordinarie ed imprevedibili, non potrebbe assumere i caratteri che invece frequentemente assume, di provvedimento “omnibus”.
L’art. 15 l. 400/88 ha ulteriormente specificato i limiti dei decreti-legge, stabilendo che “il Governo non può mediante decreto-legge:
a. conferire deleghe legislative ai sensi dell’art. 76 cost.;
b. provvedere nelle materie indicate dall’art. 72.4 cost. (casi in cui deve essere seguita la procedura normale di formazione delle leggi in Parlamento);
c. rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge;
d. regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti;
e. ripristinare l’efficacia delle disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.”.
Quanto all’efficacia di tale disciplina, è stato osservato che essa, in quanto contenuta in una legge ordinaria, ben potrebbe, secondo le regole generali, essere derogata dai decreti-legge, finendo con l’assumere un valore sostanzialmente direttivo, salvo che tali limiti trovino una giustificazione costituzionale.
Sicché la stessa prassi si è largamente incaricata di disattenderli, senza alcuna apprezzabile reazione in sede politica o giurisdizionale.

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