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La legge di conversione: l’iniziativa


Adottato il decreto, il Governo deve, secondo quanto stabilisce l’art. 772 cost., presentarlo il giorno stesso alle Camere per la conversione, la quale, come si vedrà, avviene con legge adottata con il normale procedimento.
La Costituzione non dispone, a differenza che per le leggi di delegazione, che quelle di conversione debbano essere approvate in assemblea, onde la tesi prevalente è che esse ben possano seguire il procedimento decentrato in commissione.
Nella prassi, comunque, si segue la procedura normale.
Sebbene la norma costituzionale sembri riferire alla fase dell’emanazione l’obbligo per il Governo di presentare “il giorno stesso” il decreto alle Camere per la sua conversione, nella prassi esso viene presentato il giorno della sua pubblicazione, non sempre coincidente con quello dell’emanazione.
Dalla pubblicazione, oltre all’efficacia del decreto, inizia a decorrere, secondo la Costituzione, il termine di conversione.
Il Governo provvede alla presentazione del decreto attraverso un disegno di legge di conversione, composto di un solo articolo.
Il termine di presentazione è considerato dalla dottrina come ordinatorio e non perentorio, in quanto la Costituzione non prevede espressamente sanzioni a pena della sua mancata osservanza, e ciò comporta che il Governo potrebbe, ritardando la presentazione del disegno di legge di conversione, sottrarre il decreto al giudizio politico delle Camere.
Controverso è in dottrina il problema se l’obbligo per il Governo di presentare alle Camere il decreto per la conversione possa in una diversa prospettiva configurarsi come una forma di iniziativa legislativa riservata, con ciò escludendosi qualsiasi altro atto di iniziativa che non sia quello governativo.
In particolare si era da alcuni autori proposto che, in caso di mancata presentazione del decreto-legge, i parlamentari potessero assumere l’iniziativa della conversione.
Ed in effetti, sebbene si sia ribattuto che, in base all’art. 772 cost., il Governo è l’unico ed esclusivo titolare dell’iniziativa legislativa in materia di conversione, non può costituzionalmente escludersi che, ove esso non dovesse adempiere all’obbligo costituzionale di presentazione, ben potrebbero i parlamentari provocare una deliberazione di non conversione allo scopo di far venir meno immediatamente l’efficacia del decreto, senza che si debba attendere lo spirare del termine.
Come per ogni disegno di legge, anche per quello di conversione la presentazione alle Camere deve essere autorizzata dal Presidente della Repubblica, pur se il carattere obbligatorio di questo adempimento rende del tutto formale il controllo del Capo dello Stato (tra l’altro ripetitivo di quello già effettuato con l’emanazione del decreto).

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