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Fascismo e teatro. "Testo unico della legge di pubblica sicurezza", IDI, INDA e ETI


Nel 1931 entra in vigore una nuova legge repressiva e censoria che limita, psicologicamente e con repressione poliziesca, la libertà di espressione (Testo unico della legge di pubblica sicurezza). Gli spettacoli e l’intrattenimento vengono sottoposti a controlli ufficiali e formali, la licenza della ”locale autorità di pubblica sicurezza” è indispensabile per esercitare le professioni dello spettacolo. La crisi del teatro durante il fascismo viene affrontata sul piano teorico dall’importante <convegno Volta, promosso da Mussolini nell’ Ottobre del 1934. L’ideale del teatro fascista rimane quello del teatro di massa. Nel ’35 viene istituito “l’ispettorato per il teatro”, ulteriore collegamento tra il sistema produttivo e il ministero della cultura. Nei tre anni successivi le norme censorie si fanno più pesanti anche se al contempo vengono incoraggiate le filodrammatiche. Nel 1936 viene fondata l’accademia di arte drammatica. L’intervento dello stato non si limita al controllo dell’esistente ma favorisce anche la nascita a scopo di tutela del repertorio nazionale: dell’IDI (istituto del dramma italiano), dell'INDA(istituto nazionale del dramma antico)e nel 1942 dell’ETI(ente teatrale italiano per la promozione e la distribuzione di spettacoli in Italia e all’estero). Nel ’43 gli enti lirici ufficialmente riconosciuti erano saliti a dieci.
Il clima culturale italiano rimane, durante il ventennio fascista di mediocre livello, anche per le restrizioni imposte allo scambio con i paesi europei di cultura democratica.

Tratto da POLITICA DELLO SPETTACOLO di Laura Righi
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