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Il PSI e la DC tra il 1960 e il 1962


Nel marzo del 1961 il 34esimo congresso del PSI vide il partito marcarsi in tre gruppi: la corrente Autonomia di Nenni, la corrente di Tullio Vecchietti e la corrente di Lelio Basso. La corrente di Nenni, favorevole ad una alleanza governativa con la DC e all'entrata nella NATO, era in maggioranza. Eppure i socialisti di Nenni non avevano compiuto quella svolta importante che aveva portato in Germania la SPD a rinnegare il passato marxista e dichiararsi un partito popolare impegnato a promuovere riforme all'interno del sistema capitalistico. Questa fedeltà al passato dava l'impressione ai democristiani che il sostegno socialista al governo e la corda di cui parlava Nenni fosse simile a quella che Lenin aveva offerto nel 1920 ai laburisti britannici per impiccarsi. Inoltre le altre dure correnti socialiste erano contrarie a strategie di alleanza simili. Insomma, anche se Nenni era uscito vincitore dal confronto, la strada era ancora tutta in salita.
Nel frattempo la DC decise di riunirsi a San Pellegrino nel settembre del 1961, per decidere l'eventualità di un'apertura ai socialisti. Le voci a favore erano arricchite dall'opinione dell'economista Pasquale Saraceno, che parlò di uno Stato interventista attraverso meccanismi di pianificazione economica e del sociologo Achille Ardigò che ricordò come la rapida industrializzazione dell'Italia minacciava le basi storiche della DC, i contadini proprietari e le classi medie rurali; era necessario un rapporto coi socialisti per dare nuova linfa elettorale al governo. Del resto gli stessi dirigenti avevano ottime ragioni per tentare un'alleanza con il PSI, necessitando di una maggiore stabilità nel governo e di una più facile organizzazione del consenso elettorale. Non trascurarono nemmeno il fatto che un'alleanza coi socialisti avrebbe isolato i comunisti, ipotesi caldeggiata anche dagli USA, e un pezzo importante della CGIL, il che animava gli appoggi degli imprenditori.
Fu così che nel 1962 Aldo Moro, durante l'ottavo congresso DC a Napoli, creò un capolavoro di ambivalenza che convinse l'80% dei democristiani ad appoggiare l'apertura al PSI. Un discorso che Andreotti titolò come I casti connubi, a significare il casto matrimonio tra DC e PSI.
Il ceto imprenditoriale e il centrosinistra

Anche gran parte dell'imprenditoria italiana fu favorevole al casto matrimonio, specialmente i grandi gruppi privati della Fiat, Olivetti e Pirelli. Erano due gli aspetti dell'alleanza che li allettavano: l'idea di una programmazione economica nazionale sembrava favorire la loro crescita anziché ostacolarla, e la presenza di socialisti al governo sembrava un ottimo calmierante per le manifestazioni di fabbrica al Nord.
Dei gruppi pubblici furono favorevoli sia l'ENI di Mattei, anche se in maniera prudente, sia l'IRI di Giuseppe Petrilli. Contraria era invece la Confindustria, padrona assoluta del settore elettrico, che vedeva questa programmazione economica nazionale come l'anticamera per la fine del loro monopolio energetico; il nuovo presidente, Furio Cicogna, manifestò una intransigente opposizione all'idea sulle colonne del confindustriale Sole – 24 ore.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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