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Pratiche legate al parto nella cultura magrebina: limitazioni dovute all'immigrazione


Poiché il sistema parentele si fonda sulla discendenza di linea maschile la donna è considerata un estranea fino a quando non partorisce un figlio allora il suo ruolo nella famiglia diventa importante. La maternità dunque rappresenta un obbligo sociale e nel ciclo gravidanza -parto- puerperio rappresenta un momento di potere reale perché porta attenzione ai bisogni femminili; soprattutto durante la quarantena quando la vita della puerpera e del figlio sono più in  pericolo: pensano a tutto le donne di casa, la donna deve solo pensare a rilassarsi e ad allattare il piccolo. in questo periodo le donne immigrate in Italia risentono molto della mancanza dell’hammam dove si attua la purificazione dopo il parto e ci si abbellisce ma esso rappresenta anche un luogo importante di socializzazione. L’emigrazione mette in crisi l’intero sistema di valori e relazioni e divenire solitudine, per non parlare del fatto che nel paese di origine gli uomini non partecipano assolutamente a questi momenti ritenuti invece di esclusiva pertinenza femminile. Con l’emigrazione invece si rovesciano questi ruoli tradizionali e il marito è spesso costretto visto che è da più tempo in Italia per lavoro a fare da mediatore e traduttore delle esigenze della donna con tutte le variabili e i problemi del caso. Spesso dalle interviste queste donne tendono a rimarcare la loro sostanziale somiglianza con le pratiche di cura occidentali per non sentirsi troppo escluse o troppo premoderne. Si tratta di prendere consapevolezza che la propria cultura ha un a sua specificità e occorre prendere in considerazione sia le somiglianze che le differenze: per far questo occorre che l’altro sia riconosciuto nella sua identità culturale. La consapevolezza della propria identità passa per quel sottile gioco di specchi della relazione identità/alterità perché noi riconosciamo noi stessi come noi in quanto diversi da un loro e viceversa. Per cui il fatto che le cure materne non siano solo un fatto biologico quasi scontato ma anche un dato culturale  passa per il riconoscimento reciproco di un identità di genere (in quanto donne la gravidanza è sempre quella) oppure il linguaggio non verbale che rende intelligibili queste pratiche come saperi  che vengono riconosciuti come tali perché è soprattutto attraverso i gesti che si apprendono una serie di competenze relative alle cure allevanti e se non sono presenti le persone che le insegnano la  trasmissione si interrompe. Le cure materne sono principalmente tecniche corporee: allattamento, svezzamento, forme di protezione magico-religiose costituiscono un patrimonio di saperi che le donne italiane hanno perso ma che le donne immigrate possono ancora restituirci laddove il confronto con loro serve a riconoscerci nel gioco di specchi.  
Nelle pratiche corporee relative alle cure allevanti si concentra un legame profondo tra l’ambito biologico, le relazioni sociali, il ruolo materno in quanto soggetto principale della relazione. Le tecniche corporee sono basate principalmente sulla relazione madre-bambino che nelle culture tradizionali è costante e quotidiana: il marsupio che si porta dietro la schiena per portare sempre il piccolo con se anche mentre si lavora, la fasciatura per proteggere il bambino evitare che si faccia male e che cresca dritto (in italia per evitare il rachitismo) e il massaggio prima della fasciatura.

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