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Gli scritti trattatisti e apocrifi


 Iniziamo dalla Didachè, ossia Dottrina dei dodici apostoli. Esso è un manuale breve, contenente norme di valore morale, liturgico e disciplinare, composto forse in Siria per venire incontro a quella esigenza di normalizzazione della vita della comunità cui si è accennato. La fede in Gesù Cristo si inserisce nel testo in un ordine mentale prettamente giudaico, dove la nuova fede è sentita in comunità col giudaismo. Il riferimento agli apostoli voleva essere un attribuzione di legittimità vincolante. In effetti tutte le produzioni precettive che seguiranno vanteranno tutte in qualche maniera una concessione, un imprimatur apostolico.
Un posto a sé stante merita la lettera attribuita a Barnaba, il missionario di cui si parla tanto negli Atti. Il testo è anonimo, forse di origine alessandrina, e presenta in apertura e chiusura le caratteristiche formule epistolari, ma di fatti si presenta come un vero trattato. La Lettera di Barnaba sviluppa importanti temi dottrinali, più importante dei quali è quello dell'interpretazione della legge giudaica alla luce della morte e della risurrezione di Cristo. Barnaba estremizza la posizione paolina negando all'AT qualsiasi significato letterale e materiale che gli ebrei sostenevano, attribuendogli solo quello spirituale di prefigurazione cristologica. Paolo aveva già ridotto a typoi (prefigurazioni) di giudei e cristiani i figli di Abramo, Ismaele ed Isacco ma ora il procedimento viene dilatato: per esempio la distensione delle braccia di Mosè è simbolo della croce di Cristo.
Passiamo ora ai cosiddetti apocrifi. Anzitutto apocrifo non è sinonimo di eretico o di falso. Con apocrifo si dovrebbe intendere uno scritto non canonico, in seguito alla formazione del canone neotestamentario, anche se non tutto ciò che non è canonico può definirsi apocrifo. Approfondiamo il discorso. Possiamo definire apocrifi solo quegli scritti che non sono diventati canonici ma per la loro forma letteraria e per l'autorità dottrinale che rivendicano appaiono in concorrenza con i testi canonici.
Il fenomeno degli apocrifi nasce dalla varietà e dalla flessibilità della tradizione apostolica nei riguardi di Gesù, che essendo all'inizio orali, erano suscettibili di cambiamenti più o meno vasti. Un esempio del genere è quello del papiro Egerton 2, fine del II secolo, che contiene quattro episodi evangelici in una forma leggermente diversa da quella dei vangeli canonici.Il fenomeno si amplia quando nascono testi dottrinali dotati di una certa autorità. La Chiesa non ha ancora adottato una forma canonica così gruppi cristiani di orientamenti diversi possiedono forme orientate di un medesimo scritto. Prendiamo come esempio il Vangelo di Matteo. I Padri della Chiesa citano molti testi usati da gruppi giudeo cristiani di Siria che appaiono in stretto rapporto con questo Vangelo: lo Judaicon, il Vangelo secondo gli Ebrei, il Vangelo dei Nazareni, il Vangelo degli Ebioniti. Conosciamo poco questi scritti ma una considerazione la possiamo fare: vi sono stati certamente in Siria dei gruppi giudeo – cristiani che utilizzano e rielaborano ai propri fini il Vangelo di Matteo, o apportando semplicemente delle varianti, o sviluppando ed elaborando alcuni episodi in chiave apologetica, correggendo il testo con tagli e ampliamenti che esprimono il punto di vista teologico del proprio gruppo. Dagli inizi del secondo secolo questi gruppi rielaborano anche gli altri tre vangeli.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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