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La fioritura letteraria dela Gallia -Vsec. -


Nei primi decenni del V secolo la Gallia gode di una grande fioritura letteraria, espressione di una aristocrazia molto forte di proprietari terrieri le cui ambizioni culturali trovano riscontro e fondamento in una organizzazione scolastica ottimale. La classe dirigente è ormai completamente conquistata alla chiesa cattolica e trova un eccellente propagandista in Martino di Tours e nei monasteri di Marsiglia e Lerino.
Tra la fine del V secolo e l'inizio del VI i danni si fanno ingenti ma rimangono a tenere alta la bandiera della cultura due personaggi: Avito di Vienne e Cesario di Arles. Avito è il tipico esemplare di vescovo di famiglia nobile, ancora legato alla tradizione quanto a formazione culturale, e poco interessato, sotto questo aspetto, alle esigenze dei suoi fedeli. Si esprimerà infatti sempre in maniera molto aulica, come faceva agli inizi del V secolo Sidonio Apollinare.
Cesario invece si preoccupò molto di operare a beneficio dei suoi fedeli, anche culturalmente. Ne avvertirà dolorosamente lo scadimento e il suo insegnamento pastorale non prescindeva mai da un minimo di istruzione negli ascoltatori. Egli si dedicò al massimo alla predicazione ma cercando di realizzarla in modo da riuscire pienamente comprensibile ad un uditorio ormai di infimo livello. Abbasserà molto il tono, con forma semplicissime, ricche di similitudini, di quesiti e in forma prevalentemente paratattica. Sfrutta il materiale di Agostino e le sue prediche erano sempre molto visive. Il suo omeliario ci avvicina come nessun altro al vivere quotidiano della gente comune di allora.
La letteratura agiografica era molto diffusa in Gallia ma non nel modo martiristico dell'Italia ma nel genere biografico avente per oggetto vescovi e monaci di acclarata santità. Distinguiamo una prima fase di buon livello di cui è esempio la Vita di Onorato, fondatore del monastero di Lerino, scritta dal suo discepolo Ilario o la Vita di Cesario di Arles scritta dai suoi discepoli e importante soprattutto per la documentazione storiografica; e una seconda fase dove il tono letterario scade di molto e aumenta nella quantità. Sono vite incentrate soprattutto in senso politico che parlano di vescovi che sono costretti a fare le veci del potere temporale rendendo accetta al popolo una classe dirigente che è insieme politica ed ecclesiastica.
Infine Gregorio di Tours e la sua Historia Francorum. Questa è la storia dei franchi come storia delle ambizioni, dei successi e delle catastrofi, nonché delle nefandezze compiute dai re di quella che ormai si poteva chiamare Francia e dei nobili che li attorniavano. Gregorio conosce bene questo mondo e ne ha sperimentato le carenze in senso morale e di dignità umana; non si fa dunque alcuna illusione e ne racconta le vicende colme di dolore e di orrore, con apparente distacco. Difetta a volte in grammatica ma ha la grande capacità di far rivivere drammaticamente agli occhi di chi legge le passioni e le illusioni degli uomini. Un racconto spesso freddo e aggiacciante che presenta in tutta la loro vis tragica gli eventi più dramamtici e dolorosi di cui fu testimone.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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