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Il testo filmico in relazione allo spettatore



A fianco di questa articolazione per gradi, per profili e per fasi, abbiamo visto le tracce dello spettatore crescere contemporaneamente in complessità. Infatti il punto in cui il film si dice destinato si è palesato:
- dapprima, attraverso dei singoli richiami, più o meno ampi, più o meno espliciti;
- poi, attraverso il modo stesso di disporsi del rappresentato;
- infine, attraverso una storia esemplare.
È ben vero che il tu evocato sullo schermo si è confermato lungo tutto l’arco della ricerca quel che fin da subito era apparso, e cioè:
- da un lato, l’antagonista dell’io che organizza il gioco, l’inverso dell’ambito da cui muove le messa in scena;
- dall’altro lato, il punto che permette di riesaminare la rappresentazione e il rappresentato, colui nel quale l’io può vedersi vedere.
Ma se il momento spettatoriale si raccoglie pur sempre attorno a questa doppia realtà, è pur vero che esso ha potuto qui modularsi secondo le situazioni, entrare nel vivo dei diversi procedimenti cinematografici, aprirsi una gamma di possibilità, dispiegare le proprie ragioni e le proprie strategie.
L’idea allora che il testo
- si dischiuda alla presenza di uno spettatore,
- gli dia un posto bel definito,
- gli faccia compiere un percorso,
non appaiono delle semplici metafore, ma si candidano a essere altrettanti parametri su cui soppesare il darsi a vedere e a intendere del film.
Se questo è il quadro in cui si è mossa la nostra ricerca, non sono neppure mancati gli spunti che ne hanno sottolineato il fondamento e i limiti.
Innanzitutto, le analisi hanno trovato il loro costante punto d’avvio nell’enunciazione: il gesto che da vita al film per quello che esso è, il momento della conversione delle virtualità del cinema in una realizzazione concreta, è apparso alla base di ogni nostra considerazione.
La scelta del testo era obbligata: è appunto nell’enunciazione che entrano in camp un farsi e un darsi del film; è nell’enunciazione che esce allo scoperto una soggettività – qualcuno che si impadronisce di una lingua – e che si articolano delle persone – l’appropriazione permette di distinguere un io, un tu, un egli –.
Ogni analisi dello spettatore non può che iniziare dall’attimo in cui il film prende letteralmente consistenza: riempiendo di sé lo schermo, esso subito vi si porta in superficie, incontro a quegli occhi e a quelle orecchie che sta chiamando a ripercorrere le immagini e i suoni.

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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