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Identità migranti


Sono saltati i confini che determinavano territori, culture, società; la globalizzazione ha prodotto una frattura tra il luogo di produzione di una cultura e quello o quelli della sua fruizione; l’immaginazione è divenuta un fatto collettivo e si è trasformata in un campo organizzato di pratiche sociali. Ne consegue una frammentazione di universi culturali che mette in crisi ogni paradigma tradizionale delle scienze sociali, con panorami sociali, etnici, culturali, politici ed economici dai confini sempre più confusi, sovrapposti e irregolari, che si riflettono l’uno nell’altro.
La deterritorializzazione è una caratteristica del mondo moderno che, con la maggiore circolazione di informazioni, dà vita a una serie di immaginari sempre più complessi, di scenari culturali prodotti e percepiti dagli individui del pianeta, che danno vita a nuove identità. Si creano ideologie e abitudini universali, delle quali le comunità locali se ne appropriano trasformandole in un qualcosa di diverso dall’originale. Oltre alle tre dimensioni dello spazio e di quella del tempo esiste una quinta dimensione, quella dell’immaginazione, nella quale l’umanità prende forma, che spesso nasce non da realtà oggettive, ma da un progetto comune i cui fondamenti non sono per forza oggettivamente riconoscibili, quantificabili e coerenti con la storia della comunità che vi si identifica. Al disagio dello spazio tradizionale corrisponde anche una nuova concezione temporale che nasce dal consumo: ogni oggetto ha una sua biografia che lo lega alla cultura che lo ha prodotto, ma quando quell’oggetto va nelle mani di nuovi attori, la sua storia viene rimodellata a uso e consumo di quegli attori. Tutto ciò crea nuovi mercati, che creano nuovi bisogni e nuovi gusti che nascono dalla necessità dei fuoriusciti di mantenere un contatto con la madrepatria, anche se risulta inventata. Il capitalismo di oggi è frammentato e polverizzato, con forme diverse da luogo a luogo, tanto da indurre l’autore a chiedersi se si tratti di un sistema o se si ha di fronte un capitalismo disorganizzato e irregolare.
La sovranità territoriale appare sempre meno sostenibile di fronte al dilagare di un’economia globalizzata e di società frammentarie e frammentate, con uno spazio sempre maggiore destinato al multiculturalismo: le minoranze si collegano ad aggregazioni più ampie su base etnica o religiosa, con ambizioni nazionaliste. Le identità collettive sono il prodotto di narrazioni più o meno arbitrarie, non essenze primordiali geneticamente connesse agli individui.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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