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I cartografi delle Marshall


Bastoncini di legno fissati tra di loro che danno vita a forme geometriche: le stick charts, realizzate per riprodurre lo spazio, fatto soprattutto di acqua, venti e onde, che rendono difficile la navigazione con le piroghe a bilanciere. La rappresentazione dello spazio è una forma di scrittura, traduce in segni una realtà diversa. Innanzitutto si pone il problema di una riduzione, secondo un procedimento analogico: il territorio dev’essere riportato in una scala minore e maneggiabile, sacrificando dimensioni, particolari e altri elementi dello spazio originale. Occorre scegliere cosa è più significativo, scartando altri elementi.
I navigatori delle Marshall hanno dato vita a un sistema di segni, realizzato attraverso nervature di foglie di palma legate con fibre di cocco e arricchite con delle conchiglie, con due tipologie di mappe: la prima sono quelle chiamate meddo (ricostruzione di porzioni di territorio più ridotte) e rebbelith (aree che comprendono gran parte dell’arcipelago), dove i bastoncini raffigurano le linee che i navigatori locali hanno sperimentato nei loro viaggi, con una grande precisione di distanze (3 indicatori di distanza, dove il primo indica il momento in cui si scorge l’atollo all’orizzonte, il secondo il punto da cui si vede la terra, il terzo quando si distinguono gli alberi di palma); la seconda comprende i modelli chiamati mattang, applicabili a diversi contesti, con la funzione di trasmettere un modello che spiega la dinamica delle onde, con informazioni generali, descrizione di un sistema, veri e propri corsi di geografia nautica. Saper navigare è indispensabile se si vive in un arcipelago, sapere che viene trasmesso a un giovane scelto da ogni navigatore.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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