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La convocazione della famiglia d’origine nella terapia di coppia


Un elemento fondamentale del nostro lavoro con le coppie è la convocazione della famiglia di origine. Nella nostra pratica clinica è fondamentale “far arrivare la valigetta in terapia”, cioè convocare in seduta la famiglia di origine, piuttosto che rinviare a casa i pazienti.
Innanzitutto è importante comunicare alla coppia in modo chiaro il motivo per il quale è utile vedere la famiglia di origine.
Il primo motivo che ci spinge a convocare la famiglia d’origine è quello di conoscere meglio il membro della coppia e la sua evoluzione, le modalità con le quali il singolo membro ha costruito le proprie appartenenze. Possiamo chiedere di far venire come consulenti le famigli di origine o anche un singolo sottosistema, come a esempio quello dei fratelli.

Le famiglie devono essere considerate per la loro qualità di esperte. A noi non interessano tanto le parole, cioè poter sentire i racconti della famiglia d’origine, ma è importante soprattutto vedere come le persone possono essere diverse in presenza dei propri familiari. E’ importante per noi capire che significa la loro presenza in seduta.

La richiesta di portare i propri genitori in seduta, anche in qualità di consulenti, si scontra con il rifiuto ed i No da parte dei due membri della coppia, che adducono diverse motivazioni. Ciò che molto spesso risiede dietro questi no, è un’estrema difficoltà che le persone hanno nel chiedere aiuto alla propria famiglia d’origine. Ma quali possono essere le paure che rendono difficile il poter chiedere alle proprie famiglie di partecipare in qualità di consulenti in una terapia di coppia?
1. prima di tutto esiste la paura di essere esposti di nuovo, da grandi, a una delusione nelle aspettative infantili di accudimento e di riconoscimenti dei propri bisogni primari
2. in secondo luogo, c’è la paura di dover ammettere un fallimento o un problema di coppia di fronte ai propri genitori. Questo molto spesso è un falso problema; spesso gli adulti hanno paura di dire, di dover ammettere che attraversano una crisi e che hanno un fallimento coniugale davanti ai propri genitori e quindi nel momento in cui li convocano nella funzione di consulenti devono dire loro che vanno in terapia e molti non lo dicono perché si vergognano.
3. infine, c’è la paura di essere giudicati per aver deluso le aspettative dei genitori.

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