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L'avventura estetica di Chute de la maison usher - Epstein -




È possibile ritenere, da quanto appena detto, alcune indicazioni di rilievo riguardo al nostro film. Esso è il risultato di una prassi cinematografica più che di una volontà autoriale o di una poetica, è il modo migliore per caratterizzare questa prassi sembra considerarla come un’avventura estetica; il risultato ultimo di questa avventura, ed è su questo terreno che va giudicato il film, era per Epstein portare il cinema oltre l’immaginabile storicamente dato; il film non è pensabile semplicemente in una relazione opera-autore, proprio per quanto visto in precedenza, e dunque è assai parziale, come molti hanno fatto, vederlo come un momento di svolta radicale nella poetica di Epstein. In realtà il nostro film segna un mutamento di più ampia portata, che coinvolge la possibilità stessa di fare cinema per cambiare il cinema.
La storia del film è nota, ed è tratta dall’omonimo racconto di Poe. Tuttavia, esso non può essere considerato l’adattamento di un singolo testo letterario: per Epstein rappresentava il tentativo di rendere attraverso il film delle impressioni intorno all’opera di Poe nel suo complesso, in una sorta di variazioni sul tema. I riferimenti vanno quindi anche al Ritratto ovale, Ligeia, Morella, Silenzio, L’uomo della folla; inoltre, rispetto alla fonte letteraria, la versione cinematografica comporta alcune significative modifiche, tra le quali la rinuncia alla narrazione in prima persona e il differente finale, che vede salvi Roderick e Madeline.
La struttura narrativa è assai semplice: se si esclude il breve prologo, essa si svolge completamente tra l’intervallo che passa tra la prima apparizione del castello e il suo crollo. La progressione è assolutamente canonica e comporta una serie di passaggi che investono la relazione vita-morte: dalla vita alla non-vita con l’arrivo dell’amico al castello; dalla non-vita alla morte di Madeline; dalla morte alla non-morte con la sepoltura di Madeline e l’ossessione di Roderick che la pensa sepolta viva; dalla non-morte alla vita con la resurrezione di Madeline e il finale salvifico.
Questo tipo di struttura narrativa ha finito per accreditare una tradizione critica che vorrebbe il film debitore dell’espressionismo tedesco, esempio di cinema horror o gotico, se non addirittura influenzato da reminiscenze della cultura mitteleuropea, attribuite all’origine polacca del regista.
Per quanto riguarda i canoni gotici della narrazione, essi vengono sfruttati come puro meccanismo, come congegno ad orologeria non dissimile dal pendolo che vediamo oscillare nella galleria del castello. La vita non è migliore della morte o la morte peggiore della vita, sono entrambi termini di un unico processo, privi di ulteriori investimenti; vita e morte sono soltanto specificazioni ulteriori della vita stessa.

Tratto da SEMIOTICA DEI MEDIA di Nicola Giuseppe Scelsi
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