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L'attività referenziale della finzione

L'attività referenziale della finzione





Se l’atto di linguaggio legato a un intento referenziale sottintende che l’oggetto al quale l’autore si riferisce esista, la finzione può fingere tale attività referenziale, cioè presentare luoghi, personaggi o oggetti come se esistessero veramente, ma può anche avere veramente un valore referenziale. In base alla maggiore o minore quantità di riferimenti quantità di riferimenti finti e di riferimenti reali si possono caratterizzare generi diversi più o meno vicini al nostro mondo: il romanziere ha tutto il diritto di fingere una situazione referenziale, ma può anche prendere delle cantonate nel momento in cui lo fa, se non aderisce alla coerenza interna del racconto.
L’enunciazione del giornalista è seria e letterale ma non sempre rispetta le regole essenziali e preliminari che imporrebbero di essere in grado di provare le informazioni fornite. Se la parola informativa trasforma le condizioni dell’enunciato normale operando una dissociazione tra colui che può provare l’informazione(la fonte) e colui che la diffonde(il giornalista), l’immagine introduce un livello supplementare nella separazione del messaggio dal suo autore: l’immagine, in quanto tale, non conosce che un solo livello di affermazione, un solo livello di esistenza per le cose filmate. Anche se niente nella lingua ci permette di differenziare un’affermazione sincera da una menzogna, il contegno del locutore possono tradirlo.

Tratto da RAPPORTO TRA REALTÀ E FINZIONE di Nicola Giuseppe Scelsi
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