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Nuove tendenze pittoriche dagli anni '60


Bissier: la sua pittura discende da quella di Klee. Anche lui è un uomo della Bauhaus ma studia a fondo la piuttura Zen e dell’estremo oriente. Tra il quadro di Bissier ( 25 settembre 1963) e quello di moholy ci sono analogie : la pittura è fatta di segni isolati su fondo brillante, i colori sono gli stessi o quasi, giallo e rosso oltre i due estremi della gamma. E differenze: nel quadro di mohogoly tutto è geometrico mentre in quello di Bissier nulla è geometrico. I segni di Moholy tendono alla linea, quelli di Bissier tendono all’immagine; Moholy spazio limite (matematico) e idea che si fenomenizza, mentre Bissier spazio non-limite e intuizione che si fa immagine. In entrambi il quadro è determinazione dello spazio e modello che agisce sulla percezione dello spazio da parte di chi ne fruisce.
Albers: la sua ricerca verte sulla costruzione concreta, non illusiva, dello spazio pittorico (volumetria del colore). Scopo = realizzare nelle due dimensioni uno spazio plastico integrale e concreto, misurando le distanze e le reazioni visive tra zone piatte e colori tonali. Considera raggiunta una totale volumetria cromatica quando si realizzano due condizione:
1) Il piano del quadro non può essere interpretato come profondità o degradazione
2) Il piano colorato si identifica con la materia del supporto dandosi come piano di base
Gorky: si contrappone a Albers. Interpreta l’irrazionalismo surrealista isolando i segni da ogni significato a priori -->si riveleranno solo nel contesto del quadro.
Fautrier: è il pittore della crisi. il colore non può più essere un mezzo, la materia è memoria, ma è anche il qui-ora dell’esistenza. La materia è la pura realtà esistenziale. Attinge dalla tradizione dell’impressionismo. È capace di captare e trattenere le sensazioni. Fautrier le impasta sul supporto.
Dubuffet: la materia pittorica è l’oggetto di un interesse intellettuale che si manifesta del disegno. È fatta di umanità vissuta. La ricerca si sviluppa dalla pura strutturalità del tessuto della materia-linguaggio alla figurazione. Dubruffet vuol disegnare il linguaggio parlato--> si demistifica anche il discorso e il linguaggio. Allora ripieta in un’analisi spietata della realtà esistenziale.
i surrealisti negano la forma perché ha una struttura intellettuale e scelgono l’immagine perché traduce la casualità dell’inconscio.
Masson: è molto introspettivo e indaga i motivi da cui si genera l’immagine. Per lui le immagini rimangono allegorie e non segni. Il segno di Masson è un quid che, emanando dall’interiorità dell’artista, impressiona uno schermo sensibile = la tela. La pittura è realtà viva
Hartung : la pittura è azione, come esplicitazione di un impulso interiore che si qualifica come atto etico. Tutto ciò che non è eventualità è necessità, e questa è la condizione dell’agire. Il segno è come espressivo di una volontà morale. La poetica della necessità e della volontà si oppone all’utopistica poetica della ragione di Mondrian che alla poetica della causalità e della spontaneità dei surrealisti.
Pollock: action painting, scarica una tensione, azione non progettata, reazione dell’artista-intellettuale contro l’artista-tecnico. Usa smalto, vernici metallizzate, luminescenti -->colori della fabbrica e dell’industria --> li riscatta dalla servitù dell’oggetto. Non oppone al progetto la casualità ma il comportamento coordinato dell’artista e dei suoi materiali. Non c’è una chiave di lettura.
Rothko: action painting, azione non progettata. I suoi quadri sono solo pareti colorate. La tinta muta la situazione ambientale. La parete cessa di essere un limite.
 Mathieu: il segno precede il significato, si esibisce come struttura concreta. Pittura come manifestazione dell’essere. La macchina è il modello dell’agire umano, ma l’uomo batte la mano facendo quello che nessuna macchina può fare, rivelando il dinamismo coordinato della mente e della mano. La sorgente dell’energia è un movente e non un motore.
Vasarely “Composizione” : costituito scientificamente tenendo conto della legge ottica dei contrasti simultanei. Le relazioni tra le forme colorate corrispondono a proporzioni e progressioni aritmetiche. I toni caldi tendono ad espandersi, il decrescere delle grandezze dall’alto al basso suggerisce un crescere delle distanze. Mutamenti cromatiche tra tondi e quadrati. La precisione geometrica delle forme e la stesura piatta delle tinte dimostrano che la superficie del quadro è perfettamente piana :il piano assume carattere plastico. La percezione del quadro è strutturata, è un modello di percezione e ha una funzione educativa
Noland: “empireo” è fatto di immagini mentali, di un senso di globalità cosmica. C’è un alternarsi di zone calde e fredde. Si ha la sensazione che l’immagine centrale sorga dalla tela, effetto dato dall’intensificarsi della luminosità diffusa della tela bianca in un contrasto cromatico simultaneo generatore di luce. Non si tratta di una rappresentazione simbolica, ma di un’intuizione inconscia. Lo spazio è un’unità di misura valida per i massimi e per i minimi fenomeni.
Still: “1962 –D “ solo zone colorate con il predominio del bianco . per realizzare il suo spazio pittorico non parte dalla percezione della realtà, non ha un progetto. l’impulso iniziale è l’agire per l’essere. Non c’è un fondo, le macchie colorate non hanno un riferimento comune. L’arte è un’esperienza primaria che esclude ogni postulato. Se la sua esperienza è positiva spetta alla società farla propria. Le macchie sfuggono, tendono a espandersi.
Vedova: macchie colorate senza alcun schema. Lo spazio si frantuma in tanti piani, anche materialmente distinti.
Rauschenberg: combine-painting. Il gesto si appropria di cià che tocca, attraversa la realtà in tutte le direzioni. Può solo manipolare il passato perché è escluso da quel presente. Riciamo ai capolavori del passato. L’arte è nella dimensione dell’indistinto.
Rotella: decollage di cartelli pubblicitari precarietà delle immagini vivaci ed effimere, tanto che di notte non si vedono. L’immagine non serve più, non comunica più. Riceve da chi la fruisce un significato estetico.

Tratto da L'ARTE MODERNA di Silvia Lozza
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