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Il modello spaziale di Von Thünen

Il modello spaziale di Von Thünen



Agli inizi del XIX secolo, von Thünen osservò che suoli dotati in apparenza delle medesime caratteristiche fisiche venivano impiegati per scopi agricoli diversi. Egli notò che attorno a ciascuna delle più importanti città in cui si concentrava il mercato dei prodotti agricoli del territorio circostante si sviluppa una serie concentrica di anelli di terreno, ciascuno usato per produrre derrate agricole differenti. L’anello più vicino al mercato si specializzava in prodotti deperibili, costosi da trasportare e molto richiesti. Per i prezzi elevati che riusciva ad aggiudicarsi sul mercato cittadino, tale produzione era la scelta più conveniente per il terreno adiacente alla città. Gli anelli di suolo coltivabile più lontani dal centro urbano erano impiegati per derrate meno deperibili, con costi di trasporto più contenuti, domanda meno continua e prezzi unitari di mercato inferiori. Per capire come mai ciò accadesse, von Thünen formalizzo un modello spaziale – il modello di von Thünen, forse il primo sviluppato per analizzare la distribuzione territoriale dell’attività economica. Egli giunse alla conclusione che l’uso a cui venivano destinate le parcelle erano in funzione di diversi valori di rendita attribuiti a terreni in apparenza identici. Tali differenze, sostenne, riflettevano il costo necessario per superare la distanza che separava una data fattoria da una città centro di mercato. Maggiore era la distanza, più elevato era il costo operativo per il contadino, giacché alle altre spese bisognava aggiungere quello di trasporto. Tale modello non è sempre valido. Le irregolarità e le incertezze della crescita dei confini cittadini, il consumo delle superfici agricole, per l’espansione di due o più città, e il fatto che la terra non venga coltivata, in previsione di una lottizzazione, possono localmente ribaltare o invertire gli anelli di intensità.
Oltre all’agricoltura, le attività economiche del settore primario comprendono la pesca, la selvicoltura e l’estrazione mineraria da cave e miniere. Queste attività comportano lo sfruttamento diretto da risorse naturali non uniformemente disponibili nell’ambiente e valutate in maniera diversa dalle diverse società. Di conseguenza, il loro sviluppo dipende dalla presenza di risorse riconosciute come tali. La pesca, la selvicoltura e la caccia agli animali da pelliccia sono attività economiche di raccolta, basate sull’utilizzo di risorse naturali rinnovabili, che però corrono un serio rischio di estinzione a causa dell’eccessivo sfruttamento. Miniere e cave fanno parte delle attività estrattive, che prelevano dalla crosta terrestre i minerali metallici e non metallici non rinnovabili, inclusi i combustibili minerali. Tali materiali sono materie prime essenziali per le moderne economie industriali.
Le risorse o risorse naturali sono materiali presenti in natura che la popolazione umana percepisce come necessari e utili al proprio benessere. Sulla loro presenza e distribuzione l’umanità ha ben poco controllo, anzi quasi nullo.
Un materiale per essere considerato una risorsa deve essere riconosciuto anche culturalmente.
Le risorse rinnovabili sono materiali che si possono consumare e rimpiazzare, abbastanza rapidamente. Queste risorse se sono troppo sfruttate possono esaurirsi, quindi la loro raccolta deve essere pari alla ricrescita.
Le risorse non rinnovabili esistono in quantità finite e non si possono rigenerare con un processo naturale oppure si rinnovano ad un ritmo più lento di quello di utilizzo.

Tratto da I CONCETTI CHIAVE DELLA GEOGRAFIA di Gabriella Galbiati
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