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Le violenze dei soldati sulle donne


Le violenze, inoltre, erano state compiute sempre da più di un soldato e in molti casi da cinque, sette, otto soldati.
Per cercare di tracciare una prima valutazione in cifre, prendiamo in considerazione la relazione scritta dal direttore generale della Sanità al ministero dell’Interno nel settembre 1944, tre mesi dopo gli stupri, quando ancora non si prospettavano promesse di indennizzi e c’era il problema delle donne che avevano subito violenze carnali dai marocchini ed erano state contagiate da affezioni veneree oltre ad essere in uno stato interessante. Per questo è stato richiesto l’intervento di cure da parte del Direttore Generale di Sanità.ì Le divisioni del Corpo di Spedizione francese erano composte per il 70% circa da marocchini, algerini e tunisini e per il resto da francesi europei. Gli ufficiali erano tutti francesi. Alcune donne dicono di essere state violentate da francesi, altre dicono che i soldati non si distinguevano. I francesi erano comunque consapevoli del comportamento delle truppe al loro servizio. Si trovano i rapporti su alcuni contrasti significativi fra italiani e francesi, coloniali e non. Le ostilità erano cominciate presto, subito dopo lo sbarco delle truppe del Corpo di spedizione francese a Napoli. I francesi che subirono l’onta della disfatta nel giugno 1940, di cui il fascismo approfittò vigliaccamente, ora tornavano in Italia fra vincitori. Non erano disponibili a trattare alla pari con gli italiani. Questi a loro volta cercavano di difendere l’onore militare ferito. Tutto ciò si combinava con il contrasto tra soldati e popolazione. I comandi francesi gettarono la colpa delle violenze esclusivamente sui soldati di colore. Sappiamo delle donne, e anche da alcune denunce circostanziate, che in molti casi essi furono affiancati da soldati bianchi, ma fu facile incolpare gli indigeni risalendo a una loro presunta natura selvaggia, senza freni sessuali. La rappresentazione fu fatta propria dalla popolazione locale che non era immune da tale tipo di razzismo, diffuso in Italia dalla propaganda che aveva accompagnato l’avventura coloniale. Le violenze ebbero largo spazio sulla linea del fronte nella misura in cui quelle zone divennero terra di nessuno e non vi si trovava alcuna autorità civile o militare che potesse difendere le popolazioni civili. Molte donne si rifugiavano nelle chiese di campagna, sperando in una protezione divina che purtroppo non venne, e pensando che forse il luogo sacro sarebbe stato rispettato dai soldati. Anche in questo caso come i per bombardamenti e le altre violenze di guerra non rimaneva che il ricorso al sacro. Elevatissima fu l’impunità dei colpevoli nelle zone di fronte. Era pressoché impossibile trovare gli autori dei misfatti, soprattutto durante i combattimenti. Invece se i soldati si trovavano fermi nei campi, si potevano ritrovare i colpevoli. Insieme alle violenze sessuali i soldati si dedicarono ad una razzia dei beni. In particolare i soldati nordafricani pensavano di essersi guadagnati una ricompensa mandando a casa la biancheria e gli oggetti rubati. Dopo la protesta degli alleati più autorevoli il comando francese decise di dare un indennizzo a coloro che avevano subito violenze e danni dalle truppe marocchine. Chi aveva subito violenza carnale o saccheggi, distruzioni e brutalità di ogni genere, poteva richiedere un risarcimento. In questo modo la violenza carnale divenne una fra le tante violenze di guerra equiparato alle altre. Lo stupro fu giudicato crimine di guerra per la prima volta solo nel 1996 dal Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. Fino al 1996 in Italia lo stupro era un crimine contro la morale, come la diffamazione, e non contro la persona. Ovviamente lievitarono le richieste di indennizzo e nel 1947 furono presentate 20mila domande che riguardavano tutti i tipi di violenza e furono valutate da una commissione composta da un rappresentante del ministero del Tesoro, dai viceprefetti e dagli intendenti delle provincie interessate.

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