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Progettare tra razionalità e ideazione


1)    modello lineare- direttivo-razionalità assoluta: conduce una fase di analisi situazione e identificazione problemi molto povera (anche assente); forte separazione tra colui che progetta e i soggetti su cui misurerà il cambiamento;  progetto costruito su una lettura a priori dei bisogni di color che usufruiranno dell’intervento più momenti di valutazione utilizzati per ricondurre l’utente dell’intervento a quanto è previsto dal progetto. Concezione che per ogni problema esista una soluzione ottimale (chi progetta ha compito di prefigurare completamente le azioni necessarie); immagine di forte tecnocentrismo di un gruppo di progettazione che rimane “altro” sia rispetto agli operatori che svolgono le azioni sia alla comunità (strumenti e metodi direttivi, valutazione che non coinvolge altrui soggetti esterni agli operatori); stile di progettazione che razionalizza gli interventi che può essere molto utile quando si vogliono standardizzare le procedure in contesti organizzativi stabili più è rassicurante per operatori; però è un modello che non tollera l’incontro con l’imprevisto è un elemento sfuggito all’analisi.
2)    Concertativi -razionalità limitata: si riferisce al tipo di relazione che il gruppo di progettazione instaura con destinatari dell’intervento (coinvolti nella costruzione del progetto); i destinatari sono interrogati, i responsabili del progetto includono  i destinatari nel campo di forze attivato dall’intervento. Il coinvolgimento è ottenuto con gruppi di lavoro (colui che progetta deve possedere la capacità di facilitare il lavoro di gruppo e condurre a sintesi le diverse opinioni); non è comunicazione unidirezionale: la comunicazione pur restando asimmetrica diventa bidirezionale: pur essendoci un depositario della responsabilità ha la disponibilità di esplorare l’ambiente in cui si realizza l’intervento riconoscendolo portatore di diritti e conoscenze necessarie. Colui che progetta mantiene il ruolo di decisore ma l’esplorazione si concentra nella raccolta di informazioni su bisogni della comunità fino alla condivisione delle scelte e strumenti. Questo modello prevede di accettare il confronto con le turbolenze dell’ambiente e di non essere in grado di prevedere e controllare tutte le variabili. L’obiettivo è la soluzione che in quel contesto e momento appare in grado di superare la soglia di soddisfazione di color che sono coinvolti dal problema.
3)    Euristico: l’attenzione dell’operatore non è posta sulla definizione di problemi e obiettivi ma su esplorazione e individuazione dei punti di forza che permettono alal comunità stessa di mettersi in cammino alla ricerca dei propri obiettivi di cambiamento. Chi si muove con questo modello non sa di preciso dove l’azione intrapresa lo condurrà ma cerca insieme ai soggetti destinatari il significato del suo intervento. Stile autodiretto: l’operatore progetta il cambiamento dei livelli di empowerment della comunità: processo con cui una comunità accresce il controllo su decisioni e azioni relative alla propria salute; vari stadi:
•    Riconoscere di essere privi di potere (modificare la condotta altrui, controllare problemi, dare forma alle proprie percezioni riconoscendo l’esistenza di uno scopo nelle cose)
•    Sentire l’iniquità della situazione e cercare interazione con altri soggetti in simili situazioni
•    La comunità acquisisce la forza sufficiente a intraprendere azioni di cambiamento delle condizioni che hanno prodotto la situazione negativa

La comunità stessa è responsabile  dell’analisi della situazione, definizione obiettivi e strumenti. Operatori impegnati a creare le situazioni +è favorevoli perché i soggetti siano in grado di riconoscere la propria situazione e motivati  a cambiare le cose. Il cammino che conduce a incrementare il controllo sui processi di decisione parte dall’acquisizione della capacità di porre problemi dal proprio punto di vista.
Compiti: facilitare l’accesso a organizzazioni e strutture della comunità, costruire alleanze col territorio, supportare gruppi locali per attivare la partecipazione della comunità.
L’operatore ha il ruolo di facilitatore (colui che crea situazioni e fornisce strumenti che permettano alla comunità di progettare il cambiamento).

Ogni stile di intervento può essere ugualmente adottato in relazione alla natura del problema, contesti di intervento e capacità professionale degli operatori.

Tratto da EDUCAZIONE SANITARIA di Antonella Bastone
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