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L’intervento della corte costituzionale nell’interpretazione dell’articolo 7 è stato graduale


Al riguardo il giudice delle leggi con la sentenza del 71 ha affermato che l’art. 7 non sancisce solo un generico principio pattizio nella disciplina dei rapporti tra stato e chiesa ma contiene anche un riferimento al concordato in vigore e in relazione a contenuto di questo a prodotto diritto. Quindi se le norme derivate dai patti possono essere dichiarate incostituzionali nel caso in cui risultino in contrasto con in principi supremi, ciò significa che l’art. 7 ha prodotto diritto nel senso che ha parificato le norme di origine concordataria alle norme poste da leggi costituzionali.
Per quanto riguarda l’individuazione delle norme protette dall’art. 7 la giurisprudenza inizialmente ha considerato comprese non solo le disposizioni di origine concordataria ma anche le relative norme di attuazione. Successivamente ha adottato un orientamento opposto ritenendo la copertura costituzionale applicabile alla sola legge del 29 e non alle norme di attuazione.
Infine nell’accordo tra stato e santa sede dell’84 la preoccupazione delle parti contraenti è stata l’estensione delle garanzie di cui l’art. 7. Al riguardo si legge che le nuove norme costituiscono modificazioni del concordato lateranense accettate dalle due pari e si precisa che le disposizioni del concordato non riprodotte nel presente testo sono abrogate, ma nessuna disposizione è stata riprodotta.
Anche la legge dell’85 con cui viene data esecuzione al concordato dell’84 si ritiene dotata di una forza passiva e di resistenza all’abrogazione che la rende assimilabile alle norme costituzionali. Può quindi considerarsi fonte atipica.

Tratto da MANUALE BREVE DI DIRITTO ECCLESIASTICO di Filippo Amelotti
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