Libertà religiosa e libertà di coscienza. L’ateismo. L’obiezione di coscienza

La nostra legge fondamentale non menziona espressamente la libertà di coscienza. Tuttavia nessuno dubita che la libertà di coscienza sia riconducibile tra le libertà costituzionalmente garantite. Parte della dottrina richiama l’art. 2 come clausola aperta capace di elevare a rango costituzionale tutta una serie di diritti che emergono dai nuovi assetti e per i quali sorgono nuove esigenze di tutela, sia diritti di libertà non compresi nella carta fondamentale ma previsti nelle convenzioni internazionali. In giurisprudenza è chiara la posizione della corte cost. secondo cui la libertà di coscienza è un bene costituzionalmente rilevante e deve essere protetta in misura proporzionata alla priorità assoluta e al carattere fondante ad essa riconosciuto nella scala dei valori espressa dalla cost.
Con l’espressione obiezione di coscienza si indica il rifiuto ad assoggettarsi ad una condotta che in principio sia giuridicamente esigibile. Nasce da un conflitto improprio di doveri. Il soggetto obiettore si trova nella situazione di dover scegliere tra due obbedienze.
Perché il rifiuto di eseguire una prestazione possa essere inquadrato nell’alveo dell’obiezione di coscienza, occorre che esso sia pubblico, individuale, personale e che abbia per oggetto un obbligo di fare. La normativa legittima espressamente sol alcune ipotesi di obiezione di coscienza. Al di fuori di queste esplicite previsioni normative, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che il rifiuto di eseguire la prestazione addotto sulla base della volontà di seguire i propri precetti religiosi debba essere considerato illegittimo. Tra le previsioni normative si sottolinea il diritto di obiezione del personale medico per quanto riguarda le pratiche di interruzione della gravidanza.