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La maniera cubica: prassi e teoria nell’opera del Cambiaso



Dal vigoroso tratto a penna che caratterizza la grafica giovanile alla più meditata lettura dello spazio in profondità agli inizi degli anni ’50, con lo studio dei piani e l’uso delle ombre, e lo studio della figura umana che occupa il centro della ricerca del pittore genovese. La figura umana è il metro per misurare lo spazio nella sua profondità.
La necessità di una proporzione della figura nel suo porsi nello spazio, costantemente studiata e fatta propria, forse inizialmente attraverso studio di numeri e linee, presto acquisite con la forza del pratico e con gli occhi emerge nei disegni di assoluta autografia cambiesca come l’Enea e Anchise del Louvre. Con l’esperienza fatta accanto all’Alessi e al Castello, Cambiaso percepisce l’importanza che riveste lo spazio architettonico e la sua rappresentazione prospettica, in rapporto alla figura stessa. Un rapporto che emerge nel foglio con la Visitazione di Maria ad Elisabetta della raccolta Manning.
Cambiaso comincia a lavorare sulla resa dei volumi geometrici della figura umana in funzione di una vista stereometrica nello spazio. La riduzione della figura umana ad elementi volumetrici cubici permette di studiarne l’inserimento nello spazio, in coerenza con la misurabilità di quello spazio prospettico nella quale va a inserirsi. Ciò Cambiaso la ricava dal confronto con l’esperienza michelangiolesca, in adesione, come nota la Calì, ad un metodo che considera il cubo come forma pura, come archetipo in base al quale dev’essere costruita la forma umana. Ma tale acquisizione stilistica parte proprio dall’esperienza con l’Alessi e il Castello, con un’acquisizione dello spazio in senso geometrico e prospettico. Sono altissimo esempio i disegni per il Ratto delle Sabine di Edimburgo, relativo all’affresco di Villa Cattaneo-Imperiale, o quello per L’Ulisse che saetta i Proci, a Princeton, progetto per il dipinto per il palazzo Grimaldi della Meridiana.
Secondo Lomazzo, Cambiaso riusciva ad immettere le figure in volumi cubici senza fargli perdere la naturalità grazie ad un gioco di luci. Infatti la luce incide sui lati dei solidi atteggiati in movimento che costituiscono le figure.

Tratto da IL PERCORSO ARTISTICO DI LUCA CAMBIASO di Gabriella Galbiati
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