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La collaborazione tra Cambiaso e Castello


Una nobile gara alle origini della scuola genovese

Una difficoltosa crescita quella del Cambiaso, un più limpido itinerario quello del Castello li portano ad essere entrambi protagonisti negli anni in cui operano insieme. La collaborazione tra Castello e Cambiaso è istituzionalizzata dalle fonti nel cantiere del palazzo di Vincenzo Imperiale di piazza Campetto intorno al 1560.
Significativa è la struttura della sala al secondo piano nobile, secondo il Soprani dipinta a gara tra i due. Un’importante fregio percorre l’alto delle pareti: figure di divinità femminili, intervallate da putti che reggono stemmi, costituiscono un già maturo gioco decorativo dove si interpongono parti dipinte a finto marmo a parti naturalistiche, i personaggi che nei riquadri si trasformano in vive presenze, figure che escono dalla delimitazione della quadratura e si pongono in dialogo tra di loro. Lo spazio segnato dalle cornici non è lo spazio della figura ma va al di là della figura e dell’architettura stessa. Nel fregio degradato, alcune figure si palesano condotte dal Cambiaso, determinato nel definire la plasticità della figura in quell’ambiguità di spazi.
Invece nella scena della Morte di Cleopatra, nella sala a lei dedicata e luogo della gara, le figure del Cambiaso sporgono dalle quinte, incedono verso i primi piani, gestiscono segnando lo spazio, ne indicano la profondità. L’artista concepisce la scena secondo un’ottica nuova, ponendosi più lontano rispetto ai personaggi della rappresentazione. La scena è vista dall’alto e le figure sono inserite in una dimensione spaziale ampia e profonda.
L’esperienza compiuta a palazzo Imperiale con ogni probabilità è databile intorno al 1560. La stessa data segnata sul disegno di Parigi relativo all’affresco con Apollo che insegue Dafne, che decora lo scalone attiguo alla sala affrescata con la Morte di Cleopatra. In esso il Cambiaso pone le figure non in uno spazio architettonico ma in uno spazio di natura; uno scenario sperimentato nello stesso palazzo Imperiale, nell’ampio paesaggio marino che si apre a sfondo della scena con L’imbarco di Enea in una sala sempre al secondo piano. Analoghe soluzioni si ritrovano nell’affresco per il salone di palazzo Spinola Pessagno. Uno spazio di natura nel quale giocano libere le figure scorciate realizzate con un uso del colore acceso e chiaro. Si nota uno sguardo sia al Correggio che al Parmigianino.
Comunque la dialettica tra i due artisti si rivela proficua per entrambi, arricchisce e allontana da uno sterile raffaellismo il Castello, mitiga la maniera di Cambiaso. La decorazione della chiesa di San Matteo rappresenta l’episodio dove più si integra l’operare dei due pittori. Si tratta di una committenza forse avviata da Andrea Doria, i cui lavori si sono svolti forse tra il 1559 e il 1561.
Si attribuisce a Luca Il miracolo dei draghi di Etipio, al Castello La vocazione di Matteo, spartite le due lunette e a Cambiaso gli affreschi con Santi e Profeti e Sibille delle navate laterali.
Castello individua uno spazio prospetticamente costruito nella maniera più precisa possibile, con un alto numero di elementi prospettici. E’ la stessa cosa per Cambiaso ma con un numero esiguo le cui figure sono sempre in scorcio prospettico ad indicare la profondità dello spazio, delineate con linee rapide.
Il punto di arrivo di una ricerca del naturale

Tratto da IL PERCORSO ARTISTICO DI LUCA CAMBIASO di Gabriella Galbiati
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