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Il Rinascimento a Napoli



Il Rinascimento rimane a Napoli, comunque, un fenomeno di importazione culturale. Non fu un moto spontaneo, autonomo e simultaneo ad altre zone. Inoltre il Rinascimento si manifestò a Napoli con caratteri del tutto propri. La sua diffusione nel Mezzogiorno fu possibile anche grazie alla presenza di illustri umanisti, come il Piccolomini, alla corte di Alfonso.
La definizione di “gentile” non si perse con lo svanire dei tempi aragonesi. Nella seconda metà del secolo XVI il poema “Ritratto o modello delle grandezze, delizie e maraviglie della nobilissima città di Napoli” di Giovan Battista del Tufo insisteva su questa nota. Stessa cosa per un acuto viaggiatore straniero, del quale si pubblicò postumo nel 1670 “Voyage of Italy” dell’inglese Richard Lassels, che esaltava la città terza d’Italia, soprannominandola La Gentile.
Alla fine del XVII secolo, si passò dall’appellativo di Napoli gentile a Napoli fedelissima, meglio conosciuto nell’età moderna. Il cambiamento di definizione si deve al cambiamento stesso della città soprattutto per una rivendicazione di statuto di metropoli e di capitale che non si era mai avvertita prima. Ciò si deve anche ad un senso di apertura e di slancio verso un futuro di grandezza. Anche Napoli fedelissima è un appellativo di epoca aragonese. Fu re Ferrante I a qualificare la città come fedelissima e quindi con un termine che fosse di positivo apprezzamento. La fedeltà è intesa qui come base di una reciproca attendibilità piuttosto che come un merito da vantare da parte cittadina.

Tratto da NAPOLI DAL 400 AL 600 di Gabriella Galbiati
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