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Lo stato italiano tra laicità e libertà


Lo stato sovrano unico . Se lo stato liberale italiano afferma di essere o voler essere uno stato laico, lo è secondo un concetto monistico proprio alla dottrina canonistica ed ai pensatori cattolico-liberali del secolo XIX. L’età liberale vede anzi uno stato ancora confessionale. L’art. 1 dello statuto Albertino consacra il principio per il quale la religione cattolica, apostolica, romana è la sola religione dello stato. ma il confessionismo è spesso la porta aperta al laicismo. Ciò avviene anche nell’Italia liberale che nella sua evoluzione storica imbocca presto un separatismo sempre più antiecclesiastico culminante in lotta apertamente antireligiosa negli anni della sinistra liberale al potere. Pur mantenendo in vigore il principio confessioni stico, lo stato liberale tende ad eliminare dalle sue strutture e dal suo ordinamento giuridico ogni senso religioso positivo per ergersi come unico giudice del campo non consentendo che sul proprio territorio altro ordinamento sia fonte di diritti per i propri cittadini.
Il dialogo diretto tra stato e individuo. Quello è allora definito stato moderno non è solo geloso custode del dogma giuridico della propria esclusiva sovranità. Esso mira ad abolire sul piano giuridico ogni elemento che possa interferire tra stato e individuo così differenziandosi da modelli precedenti, compreso quello assolutista. Lo stato assoluto, pur essendo anch’esso fonte esclusiva di ogni potere teneva infatti conto, anche sul piano giuridico, delle realtà sociali esistenti nella comunità civile da esso dominata. Benché sottoposte al suo esclusivo dominio, avevano vita propria e autonoma varie formazioni dalla nobiltà al clero, alle formazioni di arti e mestieri, ai mercanti, ai militari ecc. Tra essi era la chiesa cattolica, sottomessa come chiesa nazionale al sovrano, ma della quale lo stesso sovrano avvertiva la posizione speciale, derivante dal fatto che il suo ordinamento dipendeva formalmente da un’autorità che era fuori dallo stato. di qui la necessità dello stato assoluto di difendersi dalle conseguenze della posizione speciale della chiesa cattolica con un insieme di norme definite di polizia ecclesiastica. Lo stato moderno ha per sua caratteristica l’abolizione sul piano giuridico di ogni elemento che possa interferire tra stato e individuo in nome di 2 principi per sé giusti e che vengono intesi allora in senso formale: libertà e uguaglianza. In nome di uguaglianza e libertà, le varie formazioni sociali cessano di frapporsi tra stato e individuo. Il dialogo diretto tra comunità politica e cittadino che così inizia, è utile per la costruzione della coscienza civile ma pone l’individuo indifeso di fronte alla gigantesca realtà dello stato
Il conflitto tra le giurisdizioni in materia spirituale e disciplinare. Conseguenza per la nuova impostazione è la lotta per l’abolizione dell’efficacia dell’ordinamento canonico nell’ordine civile sino allora efficace ancorchè limitato dalle norme di polizia ecclesiastica. Perfino in materia spirituale e disciplinare l’intervento dello stato non è affatto escluso. Il riconoscimento civile della giurisdizione ecclesiastica viene consentito dalla legge piemontese Siccardi del 1850 n. 1013 limitatamente ai soli atti ecclesiastici in materia spirituale e disciplinare. Ma trova poi una ulteriore e radicale restrizione nella legge delle Guarentigie. Infatti il suo articolo 17 esclude l’automatismo degli effetti civili di provvedimenti in materia spirituale e disciplinare poiché affida alla magistratura italiana il potere di svolgere su di essi il suo sindacato, controllando ad esempio se l’autorità ecclesiastica non sia uscita dall’autonomia ad essa riconosciuta o se l’atto ecclesiastico sia in contraddizione con leggi dello stato, ordine pubblico, diritto di privati, norme penali. Poteva così avvenire che a fronte di un provvedimento vescovile di rimozione un parroco non fosse più tale per la chiesa ma rimanesse tale per lo stato.
Il separatismo nelle sue varie forme. Il conflitto permanente tra giurisdizione civile ed ecclesiastica è la questione istituzionale più delicata. Esso deriva dal consolidarsi dell’idea che allo stato spetti di provvedere anche alla vita morale e intellettuale dlla società civile da esso organizzata. Lo stato è la vera chiesa (Benedetto Croce), esso ha cura di anime e non solo di corpi. La presenza nel territorio italiano di una società religiosa nel quale si riconoscono milioni di cittadini e di una sede Apostolica provoca una tensione che lo stato moderno non può non affrontare. Le soluzioni variano dando vita a differenti sistemi di relazioni tra stato e chiesa: separatismo di quiete con qualche tentativo di conciliazione, lotta frontale contro la chiesa cattolica, questione romana, polemica pro o contro il concordato con la chiesa cattolica… la scelta tra l’una e l’altra via dipenda dal momento contingente o dall’indirizzo politico della classe dirigente o dalla rigidità o meno del pontefice. L’atteggiamento cambia ma rimane sempre all’interno di un sistema che poco risponde al concetto di laicità quale un’impostazione dualistica comporterebbe ed incarna invece una delle tante forme di laicismo proprie del monismo statale, in quanto tale contrario a soluzioni concordatarie.
Liberalismo di quiete e di lotta. Quanto alla concezione liberale laica segni la differenza con la concezione cattolica è trasparente in alcune immagini o affermazioni di pensatori e politici.

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