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Riforma e rivoluzione: la guerra dei contadini del '500


Lutero non è un rivoluzionario ma gli è sempre interessata la riforma della vita interiore. Parlando del luteranesimo bisogna tener conto del contesto di forte conflittualità sociale  e politica della Germania del primo 500. i livelli di questa conflittualità sono diversi: i contrasti tra il principe elettore Federico di Sassonia e l’arcivescovo di Magdeburgo sulla questione delle indulgenze: Federico non tollera che il denaro dei suoi sudditi vada a finire a Magdeburgo e che l’arcivescovo gli tolga potere e giurisdizione. Altri principi territoriali si oppongono al potere temporale della chiesa di Roma.
 La predicazione luterana investe come un ciclone tutti gli strati sociali: l’aspettativa della reformatio si congiunge con le aspirazioni dei ceti a trasformare i rapporti esistenti. Quello che esplode nella Germania di questi anni è un insieme di conflitti che però hanno un punto in comune: l’intreccio forte tra il rinnovamento dello spirito religioso, promosso da Lutero, e il programma di riforma politica. L’altro elemento comune è il risultato che quei conflitti hanno conseguito: il rafforzamento dei principati territoriali, cioè la statalizzazione della riforma in Germania.
La rivolta dei cavalieri: la grande nobiltà ha accresciuto molto poteri e giurisdizioni e ha emarginato la piccola nobiltà dei cavalieri. Influenzati dalle idee luterane i cavalieri accentuano la spinta alla rivolta contro la chiesa di Roma, i beni del clero e vagheggiano la formazione di una Germania imperiale libera dal potere del papa, fondata sul primato della forza politica dei cavalieri e sulla fine del potere della grande feudalità laica ed ecclesiastica. I cavalieri si coalizzano contro l’arcivescovo di Treviri, per loro espressione della sintesi tra potere feudale e potere ecclesiastico. Ma i principi protestanti si schierano con l’arcivescovo di Treviri e sconfiggono i cavalieri. La grande feudalità e i principati territoriali escono vincitori da questa vicenda.
La guerra dei contadini 1524 - 1525: fin dai primi anni 20, alcuni seguaci di Lutero più radiali come Muntzer e Carlostadio sottolineano un’altra possibile direzione del movimento di riforma: il ritorno all’ideale evangelico dell’organizzazione comunitaria dei fedeli, alle fonti della chiesa primitiva, al modello della povertà ecclesiale e dell’abolizione delle disuguaglianze sociali. Su questa base si formano comunità di fedeli, soprattutto operai e minatori, che parteciperanno alle rivolte tra il 1524 e il 1525. Alle origini delle ribellioni popolari è la situazione sociale nelle campagne tedesche sulle quali gravano il potere signorile, il dominio della feudalità, la limitazione dei diritti dei vassalli...
I soggetti sociali di quella che è stata chiamata guerra dei contadini non sono solo i contadini ma anche gli abitanti delle città soggette ai principi territoriali, i cittadini esclusi dagli uffici e i minatori. Si può anche definire infatti, la rivolta dell’uomo comune. Gli obbiettivi sono di abbattere la particolare struttura per ceti, formare una federazione di leghe su base corporativa, ispirate al vangelo, al bene comune, all’amore cristiano e fraterno, sottrarre prerogative politiche alla nobiltà, espropriare ecclesiastici e religiosi.
Il programma è formulato esplicitamente nei 12 articoli di Memmingen, il manifesto politico della lega di Sveva. I 12 articoli contengono una denuncia agli abusi feudali e una richiesta di modifica dell’ordinamento signorile, fondata sulla riduzione della prestazioni in denaro, l’abolizione della servitù, l’amministrazione della giustizia. Poi c’è la richiesta di sottrazione del potere alla chiesa attraverso l’elezione diretta del parroco. Il vangelo dovrebbe essere la norma di diritto che presiede tutto il sistema di rapporti nella comunità.
Riguardo a questi fatti Lutero interviene due volte: nel primo intervento l’”Esortazione alla pace”,  egli cerca di mediare tra contadini e signori: ai primi dice di non abusare del nome dei cristiani e che il Vangelo condanna qualsiasi forma di ribellione e quindi devono obbedienza ai re; ai signori dice di non abusare dei oro poteri giurisdizionali. Ma sotto l’effetto delle violenze e degli orrori della guerra Lutero interviene una seconda volta più decisamente contro i ribelli nello scritto “Contro le Masnade rapaci e assassine dei contadini”. L’accentuazione più forte del 1525 è dovuta al fatto che Lutero si senta al centro di 2 spinte diverse: i principi, i nobili e i borghesi, suoi seguaci in conflitto con Roma; gli estremisti che rischiano di compromettere tutto il successo del movimento. La repressione si abbatte violentissima. I principi seguono alla lettera i consigli di Lutero. Dopo alcuni successi iniziali gli eserciti contadini sono sconfitti. Finisce nel 1525 la riforma come movimento popolare. Trionfa la riforma dei principi in Germania.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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