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Lo svolgimento del procedimento di accertamento (art.95)


Il curatore svolge un ruolo fondamentale nel procedimento. Prima della riforma, invece, era attribuito al cancelliere il compito di formare l’elenco delle domande e al giudice delegato di predisporre, seppur con l’assistenza del curatore, lo stato passivo del fallimento. La riforma ha quindi rafforzato il ruolo e i poteri del curatore. Il procedimento dunque può essere così sintetizzato:
• Dal giorno del deposito in cancelleria della sentenza di fallimento viene fissata l’udienza per la verifica dei crediti entro 120gg.
• Il curatore, esaminate le scritture contabili e fiscali, comunica immediatamente ai creditori il fallimento dell’imprenditore, il giorno dell’udienza, e il termine per presentare la domanda di insinuazione del passivo.
• I creditori presentano domanda di insinuazione del passivo depositando in cancelleria il ricorso almeno 30gg prima dell’udienza di verifica dei crediti.
• Poi il curatore ha 15 gg per depositare il progetto di stato passivo in cancelleria.
• Depositato il progetto, il curatore deve dare comunicazione immediata dello stesso ai creditori che possono ancora presentare osservazioni nei 5gg prima dell’udienza.
Il curatore dunque predispone il progetto di stato passivo e in questo ha ampi poteri decisionali sempre comunque nel rispetto di alcune regole fondamentali:
• Può ritenere esistente un credito qualora il creditore sia stato in grado di fornire la prova dei fatti costitutivi del credito stesso. Si applica quindi il principio dell’onere della prova.
• Sempre in base all’onere della prova, dovrà considerare inesistenti non solo i crediti che risultano non provati ma anche quelli incerti e dubbi, sia in riferimento alla fondatezza del credito vantato sia alla quantificazione.
All’udienza fissata per l’esame dello stato passivo,il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo delle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati. Si ha quindi l’applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art.112 cpc) per il quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa. Il giudice delegato può anche procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti e quindi non può assumere d’ufficio mezzi di prova e lo può fare solo compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento.
Il documento è il mezzo di prova principe nella verifica del passivo soprattutto nella prova dei fatti costitutivi del credito anche se in alcuni casi sono ammissibili anche altri mezzi di prova. Ci sono però dei documenti che non sono idonei a dare prova piena del credito (esemp. Commerciante che allega la fattura della vendita della merce con la relativa bolla), ma sono idonei ad ottenere un’ingiunzione di pagamento. In sede di accertamento il giudice delegato potrà comunque ritenere il credito provato con l’allegazione di questi documenti se il curatore non si oppone e se non emergono atti ulteriori che ritengono il credito insussistente. Di fondamentale importanza è poi la data del documento che deve essere certa.
Particolare importanza ha poi un’eccezione che è quella della revocabilità dell’atto. Gli atti pregiudizievoli compiuti dal fallito nell’anno anteriore dalla data di fallimento possono essere revocati ai sensi dell’art.67 così come gli atti compiuti dallo stesso negli ultimi 5 anni se riconducibili all’ipotesi di revocatoria ordinaria. All’atto revocabile può corrispondere un credito da far valere con l’insinuazione al passivo; in questi casi il giudice delegato, preferibilmente su eccezione di revocabilità rilevata dal curatore, può non ammettere al passivo tale credito in quanto revocabile. Spetterà poi al creditore proporre impugnazione all’esclusione e in questa sede, il curatore proporrà formalmente domanda riconvenzionale revocatoria; il tribunale poi deciderà chi ha ragione e chi ha torto.
Per quanto riguarda il ruolo del fallito, può chiedere di essere sentito ma non ha il diritto di essere sentito. La L.del ’42 prevedeva invece, che il fallito fosse sentito dal giudice delegato nella stesura dello stato passivo e poi che partecipasse all’adunanza di verifica dei crediti con possibilità d’intervento su ogni singola domanda. Oggi si attribuisce al fallito un ruolo ancora più marginale.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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